Cultura

ACAB, attenzione al depistaggio mediatico

Roma, Piazza San Giovanni 2011. Un blindato dei Carabinieri impigliato, preso d’assalto. A favore di telecamera, il graffio di una bomboletta spray. ACAB, tra rogo e fiamme, il marchio di fabbrica. Catania, Stadio Angelo Massimino, annus horribilis calciorum 2007. Derby siculo, etnei col Palermo. Agguati ai caroselli delle forze dell’ordine. Sul selciato, l’ispettore di Polizia Filippo Raciti. Inappellabile il timbro dell’opinione pubblica, ACAB.

Un acronimo, ACAB, lo slogan dei The 4-Skins, musica Oi! punk inglese anni ’80: All Cops Are Bastards, tutti gli sbirri sono bastardi. Poliziotti, caramba, finanzieri, municipale, tutti. Senza distinguo, altro che poche mele marce. Un fil rouge di tragedie, sangue e lutti su fronti opposti. Dal G8 di Genova, Luglio 2001 in morte di Carlo Giuliani, alle caserme a ferro e fuoco nella Capitale l’11 Novembre 2007, dopo l’omicidio in autostrada di Gabriele Sandri. Dal tifo alle piazze, tra curve ribelli e strade bollenti. E poi l’antagonismo, misteri all’italiana e conflitti sociali. Nel 1969 il Commissario Luigi Calabresi per l’anarchico Giuseppe Pinelli. Nel terzo millennio l’ausiliario di leva Mario Placanica e l’agente Polstrada Luigi Spaccarotella. Storie diverse, contrapposte. Colpevolisti e innocentisti, manicheismo di processi sommari per vittime vere. Di tutta l’erba un fascio, semplificazioni collettive, alla faccia di perizie e testi oculari. Federico Aldrovandi, 18 anni, studente di Ferrara inspiegabilmente esanime. Stefano Cucchi, geometra romano e boxeur, capziosamente esanime a Rebibbia. L’elenco è fitto. Quando lo Stato uccide è strumentale e facilmente strumentalizzabile. Ma il problema c’è.

ACAB. Ieri libro di Carlo Bonini per Einaudi. Oggi film di Carlo Sollima per Cattleya, in collaborazione con Rai Cinema. Sullo sfondo, vite da Reparto celere, da Squadra mobile: Cobra (Piefrancesco Favino), Negro (Filippo Nigro) e Mazinga (Marco Giallini) sono i tre bastardi a libro paga, gli sbirri da Romanzo Criminale: xenofobi, caschi blue in trincea, lacrimogeni, “celerino figlio di puttana”, cariche e “capocce aperte”. L’altra faccia del benevolo Maresciallo Rocca. Un film che fa discutere, già prima di entrare in sala.

“Anche operazioni culturali come la serie tv Romanzo Criminale o altre simili non hanno aiutato, ma hanno lanciato atteggiamenti e modi di fare sbagliati”, disse il sindaco Alemanno, snocciolando teorie e scienze delle comunicazioni. La fiction Sky di Michele Placido avrebbe portato t-shirt da Banda della Magliana, aggressività da muretto e culto a mano armata, tra imitazione A Clocwork Orange e Il Padrino. Ma stavolta ACAB è girato nella Roma pre-alemanniana, che non è poi distante dall’odierna città, clima post campagna elettorale, che spara pure su una bimba di nove mesi. Ricordate Er Pelliccia? Mamma e papà lo volevano ligio sui libri all’università. “In carcere ho capito di aver sbagliato”, riferì libero. Lo ritrovarono black bloc a torso nudo e volto travisato sulle prime pagine dei giornali, nel lancio di un estintore in piazza. Tra gli scontri coi nemici sbirri. La foto di una generazione facilmente, troppo permeabile.

Ecco il punto: il film ACAB può depistare mediaticamente il problema, generando nevrotiche psicosi da mercificazione sociale. Sovrapponendosi a inchieste, coprendo denunce, deviando verità scomode per rubare palcoscenico e palinsesti al prime time, lontano dai cinema d’essai. Ascoltando Patrizia Aldrovandi, madre coraggio di Federico, ho capito su quali muri cozzò la sua vicenda, prima di giungere ad una verità mediatica parallela a quella giudiziaria. E’ stato morto un ragazzo , docu-film di Filippo Vendemmiati, è una produzione dura più di un pugno sulla bocca dello stomaco. Da perdifiato, senza respiro. Peccato che oltre le lodi e la statuetta di un Donatello, non abbia trovato spazi, se non su Rai 3, in seconda serata, share a punti decimali.

Il film ACAB sbarca venerdì al cinema, distribuito subito in 300 sale italiane. Si parte con maxi affissioni, pop-corn e gadget per lancio e merchandising. Si punta su curva trasgressive e piazze disobbedienti. Tutti gli sbirri sono bastardi, prima. Ciak, si gira, azione.