Prosegue la protesta e sfila oggi tra le strade del capoluogo siciliano. Ricomposta la polemica tra i leder del movimento, oggi il governatore Lombardo incontrerà il premier Mario Monti
“Questa è la bandiera dell’esercito d’indipendenza siciliano: è la bandiera di guerra della Sicilia. Ha nove strisce, come le nostre provincie, tutte unite e in lotta”. Tra i manifestanti del Movimento dei Forconi che stamattina hanno sfilato in corteo a Palermo c’era anche Giuseppe Sciortino, nipote del bandito Salvatore Giuliano, già colonnello dell’esercito volontario per l’indipendenza della Sicilia negli anni ‘40. E l’indipendenza dell’isola “oppressa da Roma” è stata sicuramente uno dei temi principali di tutto il corteo: una folla variopinta in cui spiccavano il giallo e il rosso (colori simbolo della Sicilia) che dalla centralissima via Libertà si è snodata fino a Palazzo d’Orleans, sede della presidenza della Regione, dove già da stanotte un nutrito gruppo di manifestanti si era riunito in presidio permanente.
La questura aveva segnalato la presenza in corteo di circa diecimila Forconi, ma il numero è in costante aumento per l’arrivo continuo di manifestanti prevenienti da tutta l’isola. Oltre ad agricoltori e autotrasportatori alla protesta hanno partecipato anche alcuni gruppi di studenti di opposta estrazione politica: dal centro sociale Anomalia fino ai militanti palermitani di Casa Pound.
Parecchi poi i piccoli commercianti provenienti soprattutto dalla provincia palermitana: uno di loro apriva il corteo sventolando un paio di mutande rosse, “gesto simbolico ma non troppo – ha spiegato- perché il governo ci ha lasciato solo queste visto che ci succhiano il sangue”. Della stessa idea un signore con cappellino del Movimento che girava tra la folla vendendo fischietti: “Cinquanta centesimi l’uno, dobbiamo arrangiarci come possiamo” si è giustificato.
Molti poi i manifestanti venuti da Siracusa, dove “le aziende dalla ministra Prestigiacomo prendono ma non danno nulla”. Alcuni sono arrivati da Cassibile, “dove sbarcarono gli americani nel 1943 – spiegano – e avrebbero fatto bene ad annettere la Sicilia agli Stati Uniti”. Parecchi anche i Forconi provenienti da Gela, venuti a Palermo per chiedere le dimissioni immediate del presidente Raffaele Lombardo. Dimissioni chieste a gran voce anche da duecento agricoltori giunti nel capoluogo da Grammichele, piccola cittadina in provincia di Catania in cui è nato il governatore siciliano: “Ci ha traditi – gridavano – . In questi anni non ha fatto nulla per il paese, ci ha ridotti alla fame. Siamo qui anche per colpa sua.”
Il Governatore siciliano, insieme al premier Mario Monti, è stato uno dei bersagli principali della manifestazione: tra l’inno di Mameli intonato dai militanti di Casa Pound e canzoni popolari cantate a ritmo di tamburo si sono poi sprecati gli slogan contro il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello, reo di aver lanciato l’allarme sulle possibili infiltrazioni mafiose all’interno dei Forconi. “Il mandante sei tu e i tuoi sindacalisti” recitava uno striscione. “La verità che la mafia non scenderebbe mai in strada. Semmai forse si trova già al potere – ha detto il leader di Forza d’Urto Mariano Ferro – ”Siamo disposti a tutto, anche alla morte. Non ci fermano, la politica faccia la sua parte oppure vadano tutti a casa. “. Ferro, agricoltore di Avola, marciava al centro del corteo protetto da alcuni contadini stretti a fargli da cordone di sicurezza. Poco distante c’era anche Martino Morsello, l’altro leader dei Forconi, con cui Ferro è entrato in polemica a causa della manifesta vicinanza della famiglia Morsello a Forza Nuova. E proprio durante il corteo le forze dell’ordine hanno allontanato alcuni militanti del partito di estrema destra, che avevano iniziato a distribuire volantini. “Questa spaccatura tra i capi – hanno commentato alcuni manifestanti – non fa bene a nessuno”. Spaccatura che si è in parte sanata quando Pippo Richichi, il leader degli autotrasportatori che aveva criticato la scelta di Ferro di andare a protestare a Roma, si è avvicinato all’agricoltore di Avola, abbracciandolo e baciandolo calorosamente su entrambe le guance . “Ci siamo chiariti il fronte è di nuovo compatto” ha annunciato Richichi, che già dieci anni fa era a capo dello sciopero degli autotrasportatori che aveva bloccato per una settimana la Sicilia, finendo anche in carcere per avere tagliate le gomme di alcuni tir.
E mentre i Forconi marciano verso la sede della presidenza della Regione, dove si fermeranno in blocco, il presidente Lombardo incontrerà in queste ore a Palazzo Chigi il premier Mario Monti: “Chiederemo certezze sul trasporto: tariffe, ecobonus, costo dei carburanti E anche sull’arretrato Inps che soffoca le imprese’. Ma nonostante le assicurazioni del Governatore i Forconi continuano ad essere tutt’altro che fiduciosi. ”Non mi aspetto nulla di buono dal vertice tra Monti e Lombardo. Siamo in uno stato di polizia” ha chiosato il leader degli autotrasportatori Richichi, che nei giorni scorsi si era spinto a dichiarare ai microfoni de La7 che “le infiltrazioni mafiose nel movimento non vanno assolutamente criminalizzate”.