Il comandante Schettino è stato corresponsabile di un grave disastro che ha determinato la morte di varie persone e l’inquinamento di una zona di grande pregio ambientale. Ma, sia ben chiaro, non è il solo responsabile. E se vogliamo evitare il ripetersi di tragedie di questo tipo ed analoghe, è bene mettere in luce tutte quelle che sono le responsabilità esistenti in questo caso disgraziato e per molti versi emblematico dei mali di cui soffre attualmente l’Italia e non solo essa.
E’ intanto positivo che la magistratura stia indagando sulle conversazioni telefoniche intercorse tra Schettino e i responsabili della Costa Crociere. L’impressione è, che come spesso accade in vari campi, si sia teso a minimizzare l’accaduto anche per evitare, il più possibile, conseguenze economiche negative. Senza contare l’ “incredibile leggerezza” esistente a monte in termini di mancata preparazione a possibili disastri, l’utilizzo di personale impreparato e malpagato, il mancato funzionamento di essenziali dispositivi di sicurezza. E, ancora più a monte, l’assurda abitudine di mandare in crociera vere e proprie città galleggianti, un modello di consumo e vacanza manifestamente insostenibile e che va abolito.
In questo senso la sciagura della Costa Concordia è davvero fino in fondo una metafora applicabile a quanto avviene nel nostro Paese e nel mondo più in generale. Gli ingredienti del disastro ci sono tutti:
1. La molla del profitto, che spinge a trascurare ogni preoccupazione in termini di sicurezza e incolumità delle persone.
2. L’esistenza di una classe dirigente irresponsabile e in particolare l’irresponsabilità dei “tecnici” e degli “scienziati”, spinti dal sistema ad adottare posizioni miopi e a non contrastare in nessun modo la logica di cui al punto 1, che sta portando verso il disastro l’intero pianeta. Si veda, a tale proposito, la vergognosa vicenda della cosiddetta Commissione Grandi Rischi che, a detta di Bertolaso, era stata convocata solo per mettere a tacere “qualche imbecille”. Ma discorso analogo potrebbe essere fatto anche per altri organismi, come la cosiddetta Commissione Alta Vigilanza istituita dal Comune di Roma – il cui finanziamento è paradossalmente assicurato, in manifesto conflitto di interessi, dai palazzinari – per tacitare le obiezioni dei cittadini. E se i cittadini sollevano obiezioni è perché le loro abitazioni, costruite su terreni a rischio idrogeologico, vengono talvolta messe a repentaglio dagli scavi necessari per strutture inutili, dannose e pericolose come i parcheggi interrati. Su questi temi si sta sviluppando un movimento di massa che si vedrà sabato prossimo 28 gennaio alle ore 10 presso la sala “Vittorio Arrigoni” in piazza dei Sanniti a Roma e organizzerà una manifestazione in Campidoglio il 6 febbraio.
3. La passività delle vittime. I poveretti che sono morti si erano fidati delle indicazioni ricevute. Quelli invece che non si sono fidati e non hanno delegato la loro sorte ad altri si sono salvati.
Questo sistema non va. La gente lo capisce e comincia a ribellarsi in modo spontaneo. Su queste ribellioni si innestano talvolta le manovre politiche strumentali di forze di destra che puntano allo sfascio pur di assumere un ruolo. Bisogna invece garantire una direzione politica responsabile che consenta di imporre un cambiamento decisivo al nostro modello di società colpendo gli interessi dominanti.
E’ ora di dire basta, mettendo al primo posto le sacrosante richieste di sicurezza. Sicurezza fisica, dalla criminalità comune, mafiosa o dei “colletti bianchi”, ma anche sicurezza sociale. Dalla crisi attuale si potrà uscire solo rovesciando la logica del profitto e colpendo gli interessi dei veri poteri forti. Da questo punto di vista, due importanti scadenze ci attendono: lo sciopero generale dei sindacati di base, il 27 gennaio, e quello della Fiom l’11 febbraio, per dare alla protesta il giusto orientamento, rilanciando la solidarietà di classe contro la frammentazione corporativa e mettendo all’ordine del giorno un modello economico e sociale basato sulla soddisfazione dei diritti individuali e collettivi e la salvaguardia dei beni comuni, primo fra tutti l’ambiente. E contro l’arroganza di questo governo che, come dimostrano le oltraggiose battute del sottosegretario figlio di papà, Michel Martone, non è poi tutto sommato molto meglio di quello precedente.