Uno dei pescatori che stava protestando davanti a Montecitorio è rimasto ferito a seguito degli scontri con la polizia ed è stato portato via in ambulanza. I suoi compagni sostengono che sia stato colpito dai manganelli delle forze dell’ordine ed altri due manifestanti sono rimasti lievemente contusi. Stando a quanto riferiscono fonti mediche, un uomo ha riportato una ferita alla testa, un altro una frattura alla mano destra ed un terzo accusava dolori alla gamba sinistra e al torace.
I pescatori pugliesi, circa 300-400 persone, protestano davanti l’ingresso principale della Camera contro il caro gasolio, tenuti a distanza di sicurezza dalle transenne e dalle forze dell’ordine. Da questa mattina proseguono i tafferugli: i reparti della Polizia e dei Carabinieri sono intervenuti per interrompere il lancio di numerosi petardi, scagliati sulla piazza dai manifestanti. Individuati i ‘lanciatori’ le forze dell’ordine si sono fatte spazio tra i manifestanti e li hanno prelevati di forza. A questo punto gli altri pescatori hanno reagito, cercando di impedire il fermo dei compagni. Allora c’è stata una carica, in seguito alla quale alcuni manifestanti sono rimasti contusi. Dopo aver costretto ad arretrare i pescatori di qualche decina di metri e aver formato un cordone, finita la tensione Polizia e Carabinieri sono arretrati di nuovo dietro le catene che delimitano l’accesso a piazza Montecitorio. Ora sulla piazza sembra tornata la calma.
I motivi della protesta sono legati “all’aumento del prezzo del gasolio che per la pesca costa duemila euro a ciascuna impresa”. Così Coldiretti Impresa Pesca, in un’analisi sul futuro del settore “dopo il boom fatto registrare dalle quotazioni di carburante, aumentate del 25% rispetto a dodici mesi fa. Un problema che si fa sentire sul bilancio economico delle imbarcazioni, ulteriormente aggravato dall’entrata in vigore delle nuove norme comunitarie. Ciò senza dimenticare – ricorda Coldiretti Impresa Pesca – il crollo fatto registrare nel 2011 a livello di produzione, tanto da rendere necessari due mesi continuativi di fermo pesca. Un ulteriore fattore di crisi – aggiunge Coldiretti – è poi rappresentato dalla stretta creditizia da parte delle banche. La quasi totalità degli istituti negli ultimi mesi ha ristretto gli affidamenti alle imprese del settore o di contro, ove possibile, ha elevato le garanzie. In questo modo – sottolinea Coldiretti Impresa Pesca, che chiede un tavolo per affrontare l’emergenza a livello nazionale – si stanno limitando gli investimenti nella pesca e nell’acquacoltura e togliendo la liquidità necessaria alle stesse operazioni di ordinaria gestione commerciale”.