Il racconto degli scontri del 27 giugno e del 3 luglio: la ‘resistenza’ della cosiddetta ‘Libera Repubblica della Maddalena’ e l’assedio al cantiere ‘riconquistato’ dalle forze dell’ordine. Ma non solo. Anche i fatti del 23 maggio, quando i manifestanti riuscirono con la forza a far rinviare l’inizio dei lavori della Ltf (la linea ferroviaria ad alta velocità che unirà Torino a Lione), dando vita a quello spazio autogestito che per almeno un mese ha rappresentato il quartier generale e il simbolo del movimento No Tav. E poi un episodio meno noto, che fornisce una lettura comune a tutte le giornate di violenza in Val di Susa: il sequestro – datato 12 agosto – di un manoscritto che descrive con dovizia di particolari i mezzi e le tattiche della sommossa. In una parola, la “strategia dell’attacco”. Quattro date per descrivere una tesi: gli attacchi alle forze dell’ordine da parte dei “gruppi paramilitari” all’interno della galassia No Tav sono l’esempio di una “attività preordinata con piena consapevolezza da parte dei protagonisti”, messa in campo “secondo un preciso quanto essenziale piano di azione”.
“STRATEGIE MILITARI”. Sono le parole utilizzate dalla Digos di Torino in un dettagliato rapporto che ilfattoquotidiano.it ha potuto consultare e che descrive ogni momento della guerriglia nei pressi del cantiere dell’alta velocità in Val di Susa. Duecento feriti tra le forze dell’ordine, un po’ meno tra i manifestanti violenti, danni al cantiere e ai mezzi dei militari. Del bilancio degli scontri molto è stato detto: diverso il discorso sulla ‘preparazione’ del piano, che la polizia torinese nel suo documento ha ripercorso sin da quando – è la notte tra il 23 e il 24 maggio – il popolo No Tav riuscì a far rimandare l’inizio dei lavori nella Val Clarea, dando vita alla ‘Libera Repubblica della Maddalena”. Uno spazio in cui, secondo la Digos, “vennero concertate strategie militari volte a stabilire un perfetto e sicronico piano di difesa, con precise tempistiche di reazione e distribuzione delle mansioni”. Tutte attività che “iniziavano al suono di una sirena o al lancio di un fumogeno e venivano coordinate attraverso l’uso di radioline tipo walkie talkie”.
“UNA LOTTA ANTISISTEMA”. Quali sono queste attività? “Assedi al cantiere, tagli delle reti, aggressioni alle forze dell’ordine, danneggiamenti, intimidazioni e minacce a giornalisti o persone non allineate alle posizioni No Tav, azioni para-terroristiche (tentativo di incendio del portone di ingresso di un ufficio del Sindaco di Chiomonte, su posizioni possibiliste all’opera), blocchi autostradali e ferroviari”. Per gli inquirenti, quindi, il movimentro No Tav nel corso del tempo è mutato, anzi degenerato, con il presidio della Libera Repubblica della Maddalena diventato un “ricettacolo permanente di esponenti della violenza organizzata nazionale ed europea che, nell’antistatuale esperienza ‘republichina’ hanno intravisto il concretizzarsi di spazi di lotte antisistema, che hanno trovato e trovano effettivo radicamento del declinarsi violento del movimento”.
IL CARABINIERE “SEQUESTRATO”. Strategia paramilitare, attacchi coordinati e prestabiliti, coesione di esponenti dell’area antagonista italiana ed europea: la Digos vede conferme della sua analisi negli episodi di violenza del 27 giugno e del 3 luglio. In quest’ultimo caso, poi, particolarmente drammatica la descrizione del sequestro di un vicebrigadiere dei carabinieri, “mentre si trovava in prima linea nel corso di una carica ai limiti dell’area archeologica”. Il militare, durante la fase del ripiegamento, “veniva trattenuto, trascinato nel gruppo e malmenato da alcuni violenti che agivano in un contesto totalmente concorrente e violentemente solidale. Al militare, rilasciato dopo circa 15 minuti, venivano sottratte l’arma in dotazione, nonché materiale in dotazione di reparto utile nei servizi di ordine pubblico. L’arma veniva fatta ritrovare poco dopo benché priva di caricatore e munizionamento (il caricatore veniva rinvenuto a distanza di tre giorni nel percorso verso Giaglione)”.
Durante le fasi del rilascio, continua il rapporto, uno dei giovani “con tono minaccioso e con fare da leader consapevole di quanto avvenuto e di ciò che si andava ulteriormente a compiersi, dopo essersi tolto la maschera antigas ha urlato: ‘il prossimo non torna indietro'”. Il vicebrigadiere ha rimediato fratture multiple e ferite in tutto il corpo; il ragazzo in questione, invece, è coinvolto nell’operazione di oggi.
IL MANUALE DELLA GUERRIGLIA. L’attività d’indagine ha una nuova svolta il 12 agosto scorso, ovvero oltre un mese dopo gli scontri del 3 luglio. Le forze dell’ordine fermano un manifestante e gli trovano addosso un documento definito “preziosissimo”. Si tratta di una sorta di manuale dell’insurrezione. Da una parte vengono indicati i mezzi per resistere allo sgombero, dall’altra gli strumenti per assediare il cantiere. Nel primo caso, ecco le “barriere invalicabili” (e cioè “filo spinato, massi, tubo, olio, tronchi d’albero, fuoco”) e quelle mobili; nel secondo, invece, sono elencati i “mezzi di difesa” (Maalox e limone “per contrastare i sintomi di nausea allo stomaco e bruciore agli occhia causati dalla esposizione ai gas lacrimogeni”, caschi, maschere, scudi, guanti), i “mezzi di offesa” (frombole, fionde, fuochi vari, laser), le “tattiche di guerriglia”, le “squadre specializzate” (scudieri, frombolieri, recupero lacrimogeni, fuochisti), la “artiglieria” (catapulte, trabucco, lanciamassi) e un ordine di servizio ben preciso: “Si parte e si torna assieme”.
Come dire: un manoscritto che mette nero su bianco quanto accaduto durante gli scontri e che nelle parole della Digos viene paragonato “alle regole di un gioco di ruolo di guerra ambientato in un contesto in parte medioevale, se non fosse che tutto quanto descritto lo si ritrova messo in pratica nelle giornate del 27 giugno e del 3 luglio scorsi”.