Quattro i raid che gli investigatori addebitano alla banda mentre almeno altri 6 sono in corso di verifica e tutti quelli accertati sono avvenuti tra la fine dell’autunno scorso e la metà di gennaio. L’inchiesta – i cui capi di reato sono aggravati dalla violenza e dall’uso di esplosivo – prende avvio a ottobre con il furto di un’Audi S6 da un concessionario di Borgo Panigale, alle porte di Bologna. Si tratta della stessa auto rubata un mese prima sempre da quell’autosalone e utilizzata in una rapina a Modena che aveva condotto all’arresto dei presunti autori, due pregiudicati pugliesi.
I carabinieri, dopo il secondo furto, localizzano l’auto attraverso il dispositivo Gps montato sul veicolo e risalgono a un gruppo di 6 persone, tutte con precedenti penali, alla cui testa sembra esserci un meccanico quarantacinquenne d’origine sarda che vive a Bologna, Giuseppe Addis. Seguendo lui e via via gli altri uomini del gruppo, che vedeva la presenza fissa di Addis, ritenuto la mente della banda, i militari dell’Arma ricostruiscono 4 assalti a bancomat.
Il primo è avvenuto l’11 dicembre scorso alla filiale di Bagnacavallo della Banca Popolare di Ravenna. Il giorno dopo nel mirino è finita la cassa continua Obi di Imola mentre il 3 gennaio la Barclays di Sesto San Giovanni. In ultimo il 15 gennaio la Ugf Banca di Zola Predosa, di nuovo nel bolognese. L’importo totale dei colpi supera i 210 mila euro e tutti sono stati condotti con modalità analoghe.
Intanto gli sportelli venivano fatti esplodere con una miscela di ossido di acetilene ottenuto collegando due bombole di gas tramite un cannello. Inoltre, per arrivare e fuggire dai luoghi degli assalti, la banda usava auto di grossa cilindrata, in particolare una Bmw bianca che supera i 200 chilometri orari e che avrebbe consentito ai malviventi di sfuggire a eventuali inseguimenti.
Una volta individuati tutti i componenti del gruppo (operazione che ha richiesto diverse settimane perché, con l’eccezione di Addis, ritenuto anche colui che ideava le miscele esplosive, gli altri erano presenti a rotazione), gli investigatori dell’Arma hanno proseguito con intercettazioni per lo più ambientali all’interno dei rispettivi veicoli. E si sono accorti di un paio di elementi.
Il primo è che i proventi delle rapine venivano utilizzati in buona parte per l’acquisto di cocaina, in cui la banda spendeva tra i 6 e i 700 euro al giorno. In secondo luogo erano tecnicamente preparati perché, oltre ad affinare via via la portata delle esplosioni (che non hanno provocato feriti, ma danni ai veicoli nei paraggi), avevano utilizzato sistemi di schermatura delle auto in modo da neutralizzare microspie e rilevazioni da satellite. I carabinieri hanno aggirato l’ostacolo con un apparati tecnologici che hanno permesso loro di continuare con gli ascolti e la mappatura degli spostamenti.
Infine hanno deciso di intervenire perché la banda pare avesse deciso di prendersi una pausa e di riparare all’estero, almeno per un periodo. Così sono scattate le manette sia in Emilia Romagna che in Lombardia e sono stati fermati Addis, Ramadam Berisa, Gabriele Brandoli, Marco Costantini e i due presunti terminali milanesi del gruppo, Aurelio Pusceddu e Claudio Colaminico.
In contemporanea sono state eseguite perquisizioni domiciliari che hanno suffragato i sospetti degli investigatori. Oltre ad aver trovato i veicoli usati negli assalti (non solo la Bmw, ma anche un’Audi R6 rubata a Milano e una Renault sottratta a Ferrara, entrambe sempre di grossa cilindrata), sono stati sequestrati palmari, cellulari, attrezzature per collegare le bombole, materiale per nascondere i volti (passamontagna e maschere da befana) e hashish in modica quantità. A casa di Addis i militari hanno rinvenuto anche schemi di apparecchiature Atm per studiare la strutturazione dei diversi bancomat e progetti per la creazione di ordigni con il gas attraverso bombole più piccole di quelle utilizzate. Inoltre in suo possesso c’erano anche una pistola ad aria compressa, elenchi di altre banche e ritagli di giornale che descrivevano le imprese pregresse della banda.
“Prevenire questi episodi è impossibile per due motivi”, ha commentato il procuratore aggiunto di Bologna Valter Giovannini. “Da un lato non si sa qual è l’obiettivo successivo e anche se si fosse in grado di stabilirlo rimane il secondo aspetto, il pericolo per gli operatori delle forze dell’ordine e per i cittadini nell’inseguire persone che fuggono su veicoli tanto potenti che trasportano bombole di gas. L’unica via è dunque quella di intervenire, come in questo caso, quando si arriva all’individuazione dei presunti malviventi”.