Il primo presidente della Corte di Cassazione ha inaugurato l’anno giudiziario. Uno sfoggio di ermellini e l’ennesimo grido di dolore che si sente da anni: così non va!
L’Italia è il paese che per la malagiustizia si trova in fondo alla classifica mondiale, tanto per i tempi quanto per la qualità della giustizia erogata.
Più che inaugurazione ieri è stato così celebrato l’ennesimo funeral party. Non c’è nulla da celebrare. Nell’occasione non si è dato spazio all’autocritica. Parrebbe difatti tutta colpa del legislatore o dell’amministrazione carente di risorse economiche. Ancor di più da anni si addossa la colpa della malagiustizia all’”abuso del processo” e su tale versante, in particolare all’avvocatura.
Il seme della grave disinformazione si è oramai annidato nell’opinione pubblica: ci sono troppi avvocati, ergo si litiga troppo perché incentivati al contenzioso dagli stessi. L’equazione è quindi “tanti avvocati/tante cause”. Ieri si è pure imputato il dissesto al ricorso eccessivo a 3 gradi di giudizio, giustificabile solo per le cause più importanti.
Cerchiamo di fare chiarezza, con onestà. La situazione è gravissima, perché la “giustizia” sorregge, e ne è la struttura portante, lo Stato di diritto, la democrazia e dunque il sofisticato meccanismo di efficienza della tutela dei diritti. Senza un buon sistema giustizia v’è dunque un simulacro, uno scheletro, un alone di tutto ciò. Inoltre, indissolubilmente, ciò è legato all’economia del Paese intero. Senza giustizia l’economia non solo non cresce ma decresce, perché si incrina e smarrisce la fiducia “economica” (negli investimenti, nella tutela di un credito, nella tutela dei diritti patrimoniali etc.).
Per tali motivi la riforma della giustizia avrebbe dovuto essere una priorità di questo governo. Altro che le farlocche liberalizzazioni alla Monty Python! Invece tale priorità non compare nell’agenda ma anzi il Guardasigilli (che appunto li guarda ma non li tocca…) ritiene prioritario svuotare le carceri.
Quali le cause della malagiustizia? Chi la frequenta quotidianamente, le vive sulla propria pelle, le critica costantemente e in modo propositivo, conosce bene i motivi.
Il primo è la pessima amministrazione della giustizia. La giustizia non può essere amministrata da giudici che nulla sanno di governante. Quei pochi giudici che l’hanno saputo fare con eccellenti capacità (tra i pochi esempi, Barbuto a Torino) ha dato il nome appunto ad un modello di efficienza (c.d. Barbuto), dimostrando che avere una giustizia celere e di qualità è possibile. Sarebbe interessante sapere perché non sia stato chiamato al Ministero della Giustizia, ad insegnare a tutti come si governano i tribunali.
In ciò si inserisce certo uno scarso afflusso di risorse finanziarie, irragionevole e illogico per almeno due motivi. Da un lato le risorse che entrano come “spese per il processo” non vengono destinate alla Giustizia se non in parte; dall’altro questo Stato ridicolo preferisce spendere decine di milioni ogni anno per indennizzi ex lege Pinto (durata eccessiva dei processi) invece di ristrutturare la giustizia!
Affrontare solo questo profilo significherebbe risolvere il 60% dei mali della giustizia.
Il secondo, anche conseguente al primo, è rendere efficienti i giudici. Chi frequenta le aule di giustizia sa bene che nel civile i giudici tengono udienza 3 volte a settimana (perché?), spariscono alle 12,30/13 (perché?), non hanno praticamente vincoli di orario (perché?), non hanno termini perentori (perché?), non rispondono mai dei propri errori (perché?), rinviano le cause a proprio piacimento e senza nemmeno avvisare le parti (perché?). L’elenco potrebbe essere infinito.
Il terzo, importante, è un sistema processuale dispendioso, incerto, inefficiente. Il legislatore invece di riformarlo definitivamente lo tampona, lo modifica ogni 2/3 anni, lo rappezza. Dunque lo peggiora.
Il quarto motivo, è certo l’abuso del processo che è imputabile: a) all’eccesso di litigiosità degli italiani, per “cultura” e soprattutto per la stessa inefficienza della pubblica amministrazione e a causa dell’incertezza del diritto (legislazione e giurisprudenza sfarfallante); b) anche all’eccesso del numero di avvocati, che invece di calmierare (facendo emergere i migliori o i più motivati) il Monti style ha deciso di “liberalizzare” distruggendone i principi fondanti. In realtà occorre sottolinearlo, gli avvocati più che sobillare le cause, fanno aprire gli occhi ai soggetti deboli. E in ogni caso non incidono sulla lunghezza del processo (la gestione è del giudice), che anzi subiscono spesso protestando.
Quindi invece di dotarsi della medicina per risolvere il male grave, si persiste a lamentarsi. Inutilmente.