Pierpaolo Capovilla e soci ripartono dalla consapevolezza di essere una delle attuali figure di riferimento del rock “made in Italy”. Il Mondo Nuovo è “un disco a concetto” e offre uno sguardo lucido e disincantato dei giorni nostri: sedici istantanee come “piccole biografie” in cui a svelarsi sono proprio i contrasti ineluttabili dell’esistenza. Lontananza, solitudine, desolazione, si riflettono nei bagliori improvvisi elargiti dalla speranza. Ma è solo un’illusione, la luce serve soltanto per illuminare a giorno il mondo in cui viviamo e, nella fattispecie, l’Italia dell’oggi.
A conti fatti il disco è inevitabilmente politico, le traiettorie che lo dirigono sono manifeste e si mescolano tramite le consuetudini che regolano – da sempre – le dinamiche del quartetto. In ambito letterario sono infatti diverse le citazioni per così dire “alte”: da Essenin a Céline, passando per Stratanovskij e Brodskij, senza dimenticare i versi di Rimbaud, arruolato per decodificare le strategie di Adrian il sicario (canzone scritta insieme all’amico Marco Catone).
Le caratteristiche narrative, divenute un vero e proprio marchio di fabbrica, trovano la massima esposizione in Ion, canzone d’amore nella quale si cela la tragedia di Ion Cazacu, operaio rumeno “ucciso dal fuoco” a seguito di gravi ustioni, nel 2000, a Varese.
In ambito musicale – invece – a permeare la cifra stilistica del gruppo sono le declinazioni vicine al rock contemporaneo e agli sviluppi in parte recenti ad esso collegato. L’opera – in verità – risente del desiderio e soprattutto dell’ambizione di esplorare territori nuovi e diversi: le canzoni inducono a pensare che siano state concepite immaginandole nel senso e nella direzione di una dialettica fra musica e parole, con lo scopo di generare evocazioni inedite.
Spazio anche alle rivisitazioni “e non alle cover” come tiene a specificare Capovilla: Doris – canzone degli Shellac – rivive nel disco in omaggio alla band di Chicago. Ed è proprio questo tipo di operazione che crea il fil rouge con gli esordi; basti pensare a Dio Mio, pezzo in grado di rivisitare Eyeball degli Scratch Acid, non a caso band storicamente attigua agli Shellac.
La terza fatica full-lenght de Il Teatro degli Orrori è una dichiarazione d’intenti; settanta minuti di “nuovo rock italiano” sono sufficienti per risvegliare le coscienze di chi sostiene che la musica sia in crisi: Il Mondo Nuovo dimostra che rock e poesia possono felicemente sposarsi, generando anzi un connubio da cui è possibile far nascere un album qualitativamente ineccepibile e, al contempo, distante dalle noiose abitudini che regolano l’asfittico panorama musicale odierno.