Dalle carceri, ai tempi della giustizia, fino al divario fra il Mezzogiorno italiano e il resto d’Europa. Ma non parlatele di accorciare i tempi per la prescrizione, Perché secondo il Guardasigilli Paola Severino, le priorità per migliorare l’amministrazione della macchina della giustizia “sono altre”.
Le ha elencate da Catania durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario. Ma da Reggio Calabria a Milano la richiesta è unanime: la prescrizione è un “agente patogeno” che incentiva “strategie dilatorie delle difese” per arrivare alla cancellazione del processo, come ha sottolineato il procuratore della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio. Parole ancora più nette da Reggio Calabria con Bruno Finocchiaro che parla di “sconfitta dello Stato”. Anche Luca Palamara, presidente dell’Associazione nazionale magistrati sottolinea che è necessario “avere il coraggio di mettere mano alla disciplina della prescrizione”. Il magistrato ricorda che “lo chiede l’Europa” e lo dimostra “il gran numero dei processi cancellati dall’evento istintivo”.
Eppure dalle colonne del Messaggero, il ministro parla chiaro: “Non è un tabù, ma sono altre le priorità”. Secondo la Severino, la prescrizione più che la causa è l’effetto della lentezza della giustizia: “Se ci limitassimo ad allungare all’infinito i tempi della prescrizione, correremmo solo il rischio di allontanare ancor di più doverose risposte alla domanda di giustizia, che occorre al massimo accelerare”.
Nel suo discorso da Catania indica la road map delle priorità: a cominciare dai tribunali del Sud d’Italia il cui buon funzionamento rappresenta una sfida nella sfida. Per il ministro, “bisogna capovolgere l’Italia” e “ripartire dal Sud, dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Campania”. Per coprire il divario con il resto d’Europa bisogna mettere mano anche alla situazione delle cosiddette sedi disagiate, tribunali che, nonostante gli sforzi “non si sono dimostrati in grado di fronteggiare questa emergenza, soprattutto nelle procure di frontiera”.
Altro tema caldo l’efficienza della giustizia, a partirte dall’atavica carenza degli organici. Il capo di via Arenula ha sottolineato come sia necessario lavorare per “rendere il magistrato capace di organizzare al meglio i propri uffici e amministrare la giustizia coltivando la specializzazione, costruire un modello di avvocatura attento ai valori della concorrenza leale e capace di elevare il proprio livello qualitativo, rappresentano le sfide nelle quali ci dovremo cimentare”. Uno spirito di servizio che, secondo il ministro, deve riguardare tutti i settori della vita pubblica, ma soprattuto le aule dei tribunali: “Al Paese serve la spinta nobile dei giudici”.
Non poteva poi mancare un passaggio sul grave problema del sovraffollamento delle carceri: sulla situazione dei penitenziari “si misura il livello di civiltà di un Paese”. Anche perché “lo Stato non ripaga mai con la vendetta, ma vince con il diritto e l’applicazione scrupolosa di regole e legge. E’ il modo migliore per dimostrare ai criminali l’intima diversità tra legalità della nostra democrazia e ogni forma di intollerabile arbitrio”.
La giornata è stata segnata dalla protesta degli avvocati, categoria in rivolta contro il decreto liberalizzazioni che prevede l’abolizione delle tariffe professionali. Il ministro getta acqua sul fuoco: “Il dialogo del governo con gli avvocati sarà totale”.