Dura requisitoria del procuratore Emilio Ledonne durante l'inaugurazione dell'anno giudiziario: "Sono sorpreso che le istituzioni economiche locali (Confindustria, n.d.r.) pensino che il pericolo mafia non sia all'ordine del giorno. La criminalità organizzata ha chiesto persino fondi pubblici alla Regione per le sue imprese"
L’allarme di Ledonne arriva in occasione della cerimonia d’apertura dell’anno giudiziario che si è tenuta oggi a Bologna. “Sorprende quanto riferito dalla stampa su dichiarazioni attribuite a rappresentanti di istituzioni economiche locali, secondo i quali le infiltrazioni mafiose o il pericolo mafia non siano all’ordine del giorno in Emilia-Romagna”. Giusto nei giorni scorsi il presidente di Confindustria Emilia Romagna, Gaetano Maccaferri, aveva parlato di una situazione regionale assolutamente sotto controllo e “sana”.
Esempi pratici tra arresti e fatti recenti legati alla chiara presenza della criminalità organizzata in regione sono tristemente noti: “Nella scelta da parte di mafia, camorra e ‘ndrangheta di spostarsi nei luoghi di maggiore sviluppo imprenditoriale e quindi nelle regioni del centro-nord non deve sorprendere il fatto che alcuni membri del clan calabrese dell’ex latitante Nicola Acri (catturato a Bologna nel novembre 2010, ndr) abbiano manifestato interesse a progetti imprenditoriali da realizzare con fondi pubblici messi a disposizione dalla Regione Emilia-Romagna”.
Una pax mafiosa che potrebbe non durare per sempre e in questo il pg porta un esempio agghiacciante: “Dicevano la stessa cosa alcuni rappresentanti delle istituzioni tedesche alla fine degli anni Novanta, quando erano convinti che la mafia fosse un problema solo italiano e che comunque non interessasse la Germania. Alcuni anni dopo avveniva la strage di Duisburg, nel corso della quale venivano uccise dal piombo mafioso cinque persone di nazionalità italiana mentre sitrovavano a cena in un ristorante di quella città”.
Peraltro, la calma che regna tra i clan in regione non ha evitato, anche negliultimi tempi, che le intimidazioni arrivassero a obiettivi ben precisi. Tra gli esempi tirati in ballo dal magistrato nella cerimonia di stamani, quello del giornalista Giovanni Tizian e di altri magistrati in regione: “Dati oggettivi degli ultimi mesi segnalano la situazione – ha detto Ledonne – in continua evoluzione aggravata peraltro dalla tracotanza delle cosche che non hanno avuto alcun timore a inviare, in epoca molto recente, messaggi intimidatori a magistrati e giudici del distretto di Bologna nonché a rappresentanti della stampa, a beneficio dei quali sono state adottate le misure di protezione previste dalla legge”.
Tizian, il giornalista ventinovenne di origine calabrese della Gazzetta di Modena, da qualche settimana è sotto scorta per le minacce ricevute dai clan a causa dei suoi articoli che trattano proprio delle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella pianura padana. Il procuratore generale Le donne si è mostrato anche attento alle aziende della regione, che, soffocate dalla crisi economica, potrebbero cedere al richiamo dei facili guadagni.
“È illusorio credere che fare affari con la mafia possa essere conveniente perché la mafia è un potere perverso e crudele che minaccia la libertà di tutti. L’azione di contrasto per essere efficace richiede la collaborazione di tutti”. In questo quadro, per il magistrato, le speranze sono due: i cittadini emiliano romagnoli e la politica. Del resto almeno su una cosa l’Emilia Romagna segna un punto a suo favore: “Una legislazione regionale molto attenta all’azione di contrasto contro la grande criminalità”. E se si è dovuta fare una legislazione ad hoc, un motivo ci sarà.