Solo a volerlo ammettere, la questione è semplice. In Italia la giustizia penale non funziona perché una parte importante di coloro i quali sono chiamati a fare le leggi non vogliono che funzioni o, nel migliore dei casi, non possono farla funzionare. E questa non è un’opinione, è un fatto. Dimostrato da quanto è accaduto negli ultimi 25 anni.
Prendete, per esempio, la questione della prescrizione. Dal 1989 il nuovo codice di procedura penale prevede che, sul modello di quanto accade nei sistemi anglosassoni, la prova si formi in aula. In questo modo il processo è diventato molto garantista: durante le udienze vengono ascoltate decine o centinaia di testimoni e tutte o quasi le indagini svolte dal pm sono ripetute. Questo è un bene per il cittadino imputato che così riduce il rischio di essere condannato da innocente, ma ovviamente implica dei tempi di dibattimento molto lunghi.
Il meccanismo insomma può reggere solo se si fanno pochi processi. E infatti chi ha ideato il nostro codice prevedeva che se ne celebrassero pochissimi: come accade negli Usa, dove l’85 per cento degli imputati, quando le prove sono forti, si dichiarano colpevoli e patteggiano la condanna ottenendo così degli sconti di pena. O in Inghilterra, dove addirittura solo il 10 per cento delle persone sotto inchiesta arriva al processo.
Nel nostro Paese invece la situazione è capovolta: in pochi patteggiano o accedono al rito abbreviato che garantisce uno sconto di un terzo sulla condanna. Perché lo fanno? Semplice, non ne hanno quasi mai la convenienza. Visto che moltissimi reati si prescrivono rapidamente, e il sistema è ormai ingolfato, è meglio tentare di resistere nella speranza (anzi nella quasi certezza) di veder tutto cancellato dal colpo di spugna del tempo prima del terzo grado di giudizio.
Da quando poi, nel 2005, il governo Berlusconi ha approvato la legge ex Cirielli, dura solo con i recidivi ma morbidissima con gli incensurati (i termini di prescrizione vengono di fatto dimezzati), la situazione è ancora peggiorata. Statisticamente è difficile che si arrivi a sentenza definitiva quando in tribunale si giudicano le contravvenzioni in materia antinfortunistica, ambientale ed ecologica; i delitti di corruzione, falso in bilancio, frode fiscale; quelli di maltrattamento in famiglia e violazione degli obblighi di assistenza famigliare.
Ma allora perché esiste la prescrizione? Solo per farla fare franca ai furbi e ai colletti bianchi? No. La ragione è semplice e in teoria è condivisibile: dopo un certo numero di anni lo Stato non ha più interesse a indagare su un reato perché è passato troppo tempo. Inutile lavorare (e spendere denaro dei contribuenti) per scoprire gli autori di un crimine che le stesse vittime non ricordano più.
In realtà in Italia accade una cosa diversa: spesso i reati si prescrivono quando ormai gli imputati sono stati individuati. Ci sono processi che saltano in primo grado, in appello e addirittura in Cassazione. Tutto viene cancellato quando già polizia e magistrati hanno consumato molti soldi pubblici ed energie per identificare i presunti colpevoli: un’assurdità. All’estero questo non accade. In Germania, per esempio, una volta che c’è stata la prima sentenza, la prescrizione è definitivamente interrotta. Negli Stati Uniti muore addirittura il giorno del rinvio a giudizio.
Certo, i problemi della giustizia penale italiana, non sono tutti qui. Ci sono troppe leggi, troppi reati, troppi tribunali, una procedura farraginosa, ci sono carenze di organico e di personale. Ma chiunque abbia seguito qualche dibattimento ed è in buona fede dovrebbe sapere che qualsiasi riforma è destinata a fallire se non si interviene sulla prescrizione, incentivando così i riti alternativi.
Il problema è che lo sanno anche le decine e decine di parlamentari condannati, indagati o salvati da prescrizione e amnistia che, assieme ai loro avvocati, siedono a Montecitorio o Palazzo Madama. A partire da quei fedelissimi di Silvio Berlusconi che oggi dicono: se si tocca la prescrizione il governo cade.
A gente come loro una giustizia che funzioni non conviene. Perché ai capponi puoi chiedere tutto, ma non di festeggiare il Natale.
Peter Gomez
Direttore de ilfattoquotidiano.it e scrittore
Giustizia & Impunità - 28 Gennaio 2012
Prescrizione all’italiana, garanzia d’impunità
Solo a volerlo ammettere, la questione è semplice. In Italia la giustizia penale non funziona perché una parte importante di coloro i quali sono chiamati a fare le leggi non vogliono che funzioni o, nel migliore dei casi, non possono farla funzionare. E questa non è un’opinione, è un fatto. Dimostrato da quanto è accaduto negli ultimi 25 anni.
Prendete, per esempio, la questione della prescrizione. Dal 1989 il nuovo codice di procedura penale prevede che, sul modello di quanto accade nei sistemi anglosassoni, la prova si formi in aula. In questo modo il processo è diventato molto garantista: durante le udienze vengono ascoltate decine o centinaia di testimoni e tutte o quasi le indagini svolte dal pm sono ripetute. Questo è un bene per il cittadino imputato che così riduce il rischio di essere condannato da innocente, ma ovviamente implica dei tempi di dibattimento molto lunghi.
Il meccanismo insomma può reggere solo se si fanno pochi processi. E infatti chi ha ideato il nostro codice prevedeva che se ne celebrassero pochissimi: come accade negli Usa, dove l’85 per cento degli imputati, quando le prove sono forti, si dichiarano colpevoli e patteggiano la condanna ottenendo così degli sconti di pena. O in Inghilterra, dove addirittura solo il 10 per cento delle persone sotto inchiesta arriva al processo.
Nel nostro Paese invece la situazione è capovolta: in pochi patteggiano o accedono al rito abbreviato che garantisce uno sconto di un terzo sulla condanna. Perché lo fanno? Semplice, non ne hanno quasi mai la convenienza. Visto che moltissimi reati si prescrivono rapidamente, e il sistema è ormai ingolfato, è meglio tentare di resistere nella speranza (anzi nella quasi certezza) di veder tutto cancellato dal colpo di spugna del tempo prima del terzo grado di giudizio.
Da quando poi, nel 2005, il governo Berlusconi ha approvato la legge ex Cirielli, dura solo con i recidivi ma morbidissima con gli incensurati (i termini di prescrizione vengono di fatto dimezzati), la situazione è ancora peggiorata. Statisticamente è difficile che si arrivi a sentenza definitiva quando in tribunale si giudicano le contravvenzioni in materia antinfortunistica, ambientale ed ecologica; i delitti di corruzione, falso in bilancio, frode fiscale; quelli di maltrattamento in famiglia e violazione degli obblighi di assistenza famigliare.
Ma allora perché esiste la prescrizione? Solo per farla fare franca ai furbi e ai colletti bianchi? No. La ragione è semplice e in teoria è condivisibile: dopo un certo numero di anni lo Stato non ha più interesse a indagare su un reato perché è passato troppo tempo. Inutile lavorare (e spendere denaro dei contribuenti) per scoprire gli autori di un crimine che le stesse vittime non ricordano più.
In realtà in Italia accade una cosa diversa: spesso i reati si prescrivono quando ormai gli imputati sono stati individuati. Ci sono processi che saltano in primo grado, in appello e addirittura in Cassazione. Tutto viene cancellato quando già polizia e magistrati hanno consumato molti soldi pubblici ed energie per identificare i presunti colpevoli: un’assurdità. All’estero questo non accade. In Germania, per esempio, una volta che c’è stata la prima sentenza, la prescrizione è definitivamente interrotta. Negli Stati Uniti muore addirittura il giorno del rinvio a giudizio.
Certo, i problemi della giustizia penale italiana, non sono tutti qui. Ci sono troppe leggi, troppi reati, troppi tribunali, una procedura farraginosa, ci sono carenze di organico e di personale. Ma chiunque abbia seguito qualche dibattimento ed è in buona fede dovrebbe sapere che qualsiasi riforma è destinata a fallire se non si interviene sulla prescrizione, incentivando così i riti alternativi.
Il problema è che lo sanno anche le decine e decine di parlamentari condannati, indagati o salvati da prescrizione e amnistia che, assieme ai loro avvocati, siedono a Montecitorio o Palazzo Madama. A partire da quei fedelissimi di Silvio Berlusconi che oggi dicono: se si tocca la prescrizione il governo cade.
A gente come loro una giustizia che funzioni non conviene. Perché ai capponi puoi chiedere tutto, ma non di festeggiare il Natale.
MANI PULITE 25 ANNI DOPO
di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ AcquistaArticolo Precedente
“Se toccate la prescrizione cade il governo”
La linea del Pdl fa breccia sul ministro
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Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "La sinistra radicale vuole cancellare la nostra storia, minare la nostra identità, dividerci per nazionalità, per genere, per ideologia. Ma non saremo divisi perché siamo forti solo quando siamo insieme. E se l'Occidente non può esistere senza l'America, o meglio le Americhe, pensando ai tanti patrioti che lottano per la libertà in America Centrale e Meridionale, allora non può esistere nemmeno senza l'Europa". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Il Cpac ha capito prima di molti altri che la battaglia politica e culturale per i valori conservatori non è solo una battaglia americana, è una battaglia occidentale. Perché, amici miei, credo ancora nell'Occidente non solo come spazio geografico, ma come civiltà. Una civiltà nata dalla fusione di filosofia greca, diritto romano e valori cristiani. Una civiltà costruita e difesa nei secoli attraverso il genio, l'energia e i sacrifici di molti". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni alla conferenza dei conservatori a Washington.
"La mia domanda per voi è: questa civiltà può ancora difendere i principi e i valori che la definiscono? Può ancora essere orgogliosa di sé stessa e consapevole del suo ruolo? Penso di sì. Quindi dobbiamo dirlo forte e chiaro a coloro che attaccano l'Occidente dall'esterno e a coloro che lo sabotano dall'interno con il virus della cultura della cancellazione e dell'ideologia woke. Dobbiamo dire loro che non ci vergogneremo mai di chi siamo", ha scandito.
"Affermiamo la nostra identità. Affermiamo la nostra identità e lavoriamo per rafforzarla. Perché senza un'identità radicata, non possiamo essere di nuovo grandi", ha concluso la Meloni.
(Adnkronos) - "Il nostro governo - ha detto Meloni - sta lavorando instancabilmente per ripristinare il legittimo posto dell'Italia sulla scena internazionale. Stiamo riformando, modernizzando e rivendicando il nostro ruolo di leader globale".
"Puntiamo a costruire un'Italia che stupisca ancora una volta il mondo. Lasciate che ve lo dica, lo stiamo dimostrando. La macchina della propaganda mainstream prevedeva che un governo conservatore avrebbe isolato l'Italia, cancellandola dalla mappa del mondo, allontanando gli investitori e sopprimendo le libertà fondamentali. Si sbagliavano", ha rivendicato ancora la premier.
"La loro narrazione era falsa. La realtà è che l'Italia sta prosperando. L'occupazione è a livelli record, la nostra economia sta crescendo, la nostra politica fiscale è tornata in carreggiata e il flusso di immigrazione illegale è diminuito del 60% nell'ultimo anno. E, cosa più importante, stiamo espandendo la libertà in ogni aspetto della vita degli italiani", ha concluso.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - L'Italia è "una nazione con un legame profondo e indistruttibile con gli Stati Uniti. E questo legame è forgiato dalla storia e dai principi condivisi. Ed è incarnato dagli innumerevoli americani di discendenza italiana che per generazioni hanno contribuito alla prosperità dell'America". Lo ha detto la premier Giorgia Meloni al Cpac a Washington. "Quindi, a loro, permettimi di dire grazie. Grazie per essere stati ambasciatori eccezionali della passione, della creatività e del genio italiani".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - Standing ovation dalla platea della convention Cpac a Washington al termine dell'intervento video della premier Giorgia Meloni. Un intervento nel quale la presidente del Consiglio ha richiamato valori e temi che uniscono conservatori europei e americani, a partire dalla difesa dei confini, ribadendo la solidità del legame tra Usa e Ue. "I nostri avversari - ha detto Meloni- sperano che il presidente Trump si allontani da noi. Ma conoscendolo come un leader forte ed efficace, scommetto che coloro che sperano nelle divisioni si smentiranno".
"So che alcuni di voi potrebbero vedere l'Europa come lontana o addirittura lontana o addirittura perduta. Vi dico che non lo è. Sì, sono stati commessi degli errori. Le priorità sono state mal riposte, soprattutto a causa delle classi dominanti e dei media mainstream che hanno importato e replicato nel Vecchio Continente", ha affermato la premier.
La presidente Meloni ha fatto un passaggio sull'Ucraina ribadendo "la brutale aggressione" subito dal popolo ucraino e confidando nella collaborazione con gli Usa per raggiungere una "pace giusta e duratura" che, ha sottolineato, "può essere costruita solo con il contributo di tutti, ma soprattutto con forti leadership".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - Le "elite di sinistra" si sono "recentemente indignate per il discorso di JD Vance a Monaco in cui il vicepresidente ha giustamente affermato che prima di discutere di sicurezza, dobbiamo sapere cosa stiamo difendendo. Non stava parlando di tariffe o bilance commerciali su cui ognuno difenderà i propri interessi preservando la nostra amicizia". Mo ha sottolineato la premier Giorgia Meloni nel suo intervento al Cpac.
"Il vicepresidente Vance stava discutendo di identità, democrazia, libertà di parola. In breve, il ruolo storico e la missione dell'Europa. Molti hanno finto di essere indignati, invocando l'orgoglio europeo contro un americano che osa farci la predica. Ma lasciate che ve lo dica io, da persona orgogliosa di essere europea - ha detto ancora - Innanzitutto, se coloro che si sono indignati avessero mostrato lo stesso orgoglio quando l'Europa ha perso la sua autonomia strategica, legando la sua economia a regimi autocratici, o quando i confini europei e il nostro stile di vita sono stati minacciati dall'immigrazione illegale di massa, ora vivremmo in un'Europa più forte".
(Adnkronos) - "I nostri avversari - ha detto Meloni- sperano che il presidente Trump si allontani da noi. Ma conoscendolo come un leader forte ed efficace, scommetto che coloro che sperano nelle divisioni si smentiranno. So che alcuni di voi potrebbero vedere l'Europa come lontana o addirittura lontana o addirittura perduta".
"Vi dico che non lo è. Sì, sono stati commessi degli errori. Le priorità sono state mal riposte, soprattutto a causa delle classi dominanti e dei media mainstream che hanno importato e replicato nel Vecchio Continente".