Sarebbe stato il rpimo sito di stoccaggio con queste caratteristiche in Italia: il pericolo scongiurato anche grazie alla caduta del governo Berlusconi
La Regione pone il veto definitivo sulla costruzione del nuovo deposito di gas Rivera (a S. Felice sul Panaro, Modena): “Non ci sono le garanzie minime di sicurezza per costruire un deposito di quel tipo”, è la conclusione dell’assessore alle Attività produttive Gian Carlo Muzzarelli, dopo l’incontro in commissione Ambiente con l’Ers (ERG Rivara Storage) l’azienda di Mirandola che ha presentato il progetto. Motivazione: “Rischio sismico”.
Sulla carta, il progetto, prevedrebbe la costruzione di un maxi deposito di gas, al fine di consentire lo stoccaggio sotterraneo di gas metano in un bacino appositamente realizzato dalla capienza di 3,7 miliardi di metri cubi di gas in acquifero, ovvero in bacini acquiferi che verrebbero appositamente isolati per contenere la “bolla” di gas (e non in uno degli esistenti e inutilizzati bacini di gas vuoto dell’Emilia). Il metano, prelevato dalla rete SNAM (la rete nazionale di gasdotti), verrebbe poi pompato con giganti turbine alla profondità di quasi 3mila metri, dove verrebbe conservato, gestito e rivenduto privatamente. Il gas Rivera sarebbe il primo sito di stoccaggio di questo tipo in Italia. La struttura comprenderebbe per altro una ciminiera (torre di combustione) di circa 100 metri, e necessiterebbe di: capannoni e con altrettanti pozzi (per un massimo di 19), turbine e l’allacciamento al metanodotto. Il tutto per una estensione di oltre 120 chilometri quadrati, nell’area dei comuni di San Felice sul Panaro, Finale Emilia, Medolla, Mirandola e Camposanto.
Zona notoriamente sismica, per l’assessore “il problema centrale che si pone in quell’area” è proprio il “rischio sismico”, non sottovalutabile. Inoltre, anche il rischio insito nelle operazioni di immissione ed estrazione del gas è difficilmente quantificabile”. Ribadisce il nulla osta dunque, la Regione: il progetto era infatti già stato rispedito al mittente a luglio scorso dall’Assemblea legislativa nella sua quasi totalità, ma l’Ers non si è arresa, e ha continuato a cercare di convincere le istituzioni dei benefici economici che ne potrebbero derivare. Tanto da offrire volontariamente 20 milioni di euro per ricostruire un modello del territorio con un’approssimazione minima (linea sismica in 3D), tale da poter dimostrare che le faglie sismiche non solo pericolose per il deposito.
Ma Muzzarelli ribadisce che “come già ampiamente comprovato da studi, le trivellazioni necessarie sono altamente pericolose in zona sismica come quella del modenese”. Per altro, prosegue: “non c’è alcuna ragione per stoccare in acquifero – ha dichiarato l’assessore – visto che ci sono almeno cinque depositi di gas esauriti e in via di esaurimento che si adattano benissimo allo scopo”. L’Emilia Romagna, con i suoi 21 siti, contribuisce infatti a fare da serbatoio al resto dello stivale per circa il 30% di tutto il gas stoccato in Italia.
In realtà, la dichiarazione dell’assessore arriva alla fine di una battaglia che va avanti da 8 anni e con non poche contrapposizioni, dai comitati costituiti fino a tutti i livelli della classe politica.
Nel 2004 la Indipendent Gas Management S.r.l (società da cui nel 2008 è nata appositamente la Ers, e appartenente al gruppo inglese Indipendent Resources) ottiene dall’allora governo Prodi la concessione per la costruzione del sito energetico, dichiarandosi tuttavia in attesa della Commissione ministeriale Via (Valutazione Impatto Ambientale), che si è pronunciata favorevole alle indagini preliminari (e dunque alla necessaria perforazione dei pozzi), solo l’anno scorso. Così a novembre del 2011, la palla rimbalza al Ministero dello Sviluppo Economico, ma nel frattempo cade il governo dell’ex presidente Berlusconi. Ora bisognerà attendere di capire come si pronunceranno i ministri dell’Ambiente Corrado Clini e quello dello Sviluppo economico Corrado Passera.
Tra i sostenitori accaniti del deposito si è distinta quella dell’ex sottosegretario del Pdl, il modenese Carlo Giovanardi, che più volte si è espresso sulla vicenda, affermando che l’avversione del Pd alla costruzione del sito era sintomo dello “stato confusionale” in cui versa l’amministrazione regionale. Intanto, proprio la sezione modenese dalla Lega Nord, suo partito alleato, si staglia tra i più accaniti oppositori dello stoccaggio.
Da una parte il fronte del no, dunque, che riunisce svariati comitati, tutti a tutela della salute e dell’ambiente di Rivera, e di cui fanno parte le realtà più disparate – tra cui oltra al Carroccio, la Destra Modena, che in sostanza aveva tacciato di populismo alcune dichiarazioni sull’utilità del progetto, pregando di smetterla di sostenere l’ipotesi di creazione di nuovi posti occupazionali per puro tornaconto personale. Dall’altra, il fronte del si: oltre a Confindustria, il Comitato per lo Sviluppo delle Imprese (il cui portavoce Carlo Albano è stato anche oggetto di minacce anonime), che a inizio gennaio aveva consegnato al presidente Vasco Errani 42 firme di imprenditori e associazioni convinte dei benefici che il bacino avrebbe apportato all’economia della Regione, incentivate anche dalla ricerca pubblicata da Nomisma Energia sulle conseguenze economiche dell’installazione del deposito. Tralasciando però un dato di non secondaria importanza: quello ambientale.
A questo proposito, dal Movimento 5 Stelle, arriva una precisazione: “Per noi non è un problema tecnico, ma politico. Vogliamo un’energia che non sia basata su combustibili fossili – spiega il consigliere Giovanni Favia – né operazioni speculative basate sul prezzo del gas. Questa è un’idea di rapporto col territorio mercantile che rifiutiamo in toto”.
Ultimo ma non ultimo, c’è un altro piccolo dettaglio: proprio da quelle parti, dovrebbe passare l’autostrada Cispadana, fortemente voluta dall’assessore alle Attività produttive e dalla Regione. Un deposito di gas, non sarebbe certo la base ideale su cui far partire i lavori.