La vicenda è quella del bond “convertendo” con scadenza 2013 emesso dalla banca nel 2009 e convertito anticipatamente in azioni a fine dell'anno scorso. I clienti, allettati dall'alto rendimento avevano scoperto di aver perso quasi tutto. Così è partita la corsa al risarcimento. Ora indaga anche la procura
La vicenda è quella del bond “convertendo” con scadenza 2013 emesso dalla banca nel 2009 e convertito anticipatamente in azioni a fine dell’anno scorso. I clienti della Bpm (circa 15mila) a cui era stato venduto erano stati allettati dal rendimento molto alto promesso, il 6,75%. Ma a fine dicembre 2011 hanno scoperto di avere perso quasi tutto (qualcuno addirittura fino al 90% del capitale investito) al momento della conversione, complice anche il fatto che nel frattempo le azioni della Popolare di Milano in Borsa avevano subito un crollo verticale.
E così è partita la corsa al risarcimento. Il fatto, dicono i consumatori, è che quel titolo non era una normale obbligazione, ma in pratica un derivato, non negoziato in Borsa, piazzato dalla banca a massaie, pensionati, impiegati, senza la necessaria informazione. «Quello che contestiamo sono due aspetti – spiega l’avvocato Massimo Cerniglia, uno dei curatori dei ricorsi per Federconsumatori – da un lato la scarsa informazione, dall’altro il fatto che non sia stato valutato correttamente il profilo di rischio. Quello era un prodotto strutturato, non adatto a dei risparmiatori semplici».
Fra i piccoli azionisti Bpm c’è chi, magari cliente da sempre, ha raccontato di essere stato convinto dalla banca addirittura a vendere i suoi Btp per comprare il convertendo e ora si trova con un decimo del capitale. Si va da poche migliaia a decine fino a centinaia di migliaia investiti, praticamente i risparmi di una vita. E c’è chi denuncia di essersi visto il profilo di rischio (la propensione ad assumersi rischi da parte del risparmiatore) aumentato d’ufficio.
Sulla vicenda la Procura di Milano a giugno 2011 ha aperto un fascicolo per capire se la banca abbia effettivamente arrecato danni ai suoi clienti. Ma per ora non risultano né indagati né ipotesi di reato. Chi invece è già arrivato a delle conclusioni è la Consob, che un mese prima sanzionò l’attuale direttore generale della Bpm, Enzo Chiesa, e il suo predecessore Fiorenzo Dalu, con 175 mila euro ciascuno per non aver agito «con diligenza, correttezza e trasparenza nell’ interesse dei clienti».
Ad avere espresso la volontà di adesione alla class action con Federconsumatori per ora sono circa 400 persone, che potrebbero salire fino a 5 mila in caso di dichiarata ammissibilità dell’azione da parte del tribunale. In quel caso si parlerebbe probabilmente di richieste di risarcimento per svariati milioni.
A meno che l’istituto guidato da poco dal neo consigliere delegato Piero Montani non decida di fare un passo in avanti verso i piccoli azionisti, dando anche un segnale di discontinuità. Cosa che in effetti non è improbabile. Lo ha detto, interpellato dalla Reuters, Filippo Annunziata, presidente del consiglio di sorveglianza di Pop Milano: «Alcune ipotesi si stanno profilando, la questione è all’attenzione di entrambi di consigli». Lo ribadiscono le indiscrezioni giornalistiche degli ultimi giorni, come quelle rilanciate da Milano Finanza, secondo cui nell’istituto di piazza Meda si starebbe pensando al lancio di un bond a cinque anni con un rendimento intorno al 12%. L’obbligazione verrebbe sottoscritta integralmente dagli investitori del convertendo 2009- 2013 attraverso un collocamento privato e allo scadere dei cinque anni i risparmiatori potrebbero recuperare parte del capitale perso.
Un’ipotesi, quella delle trattative, a cui i consumatori non chiudono la porta. «Noi siamo disposti anche a trattare se vengono fatti dei passi formali – spiega Gianmario Mocera, presidente di Federconsumatori Lombardia – certo la bontà di una proposta va vista sulla carta. Per ora nel frattempo andiamo avanti con le nostre azioni.