Alle 16 sarà a Palazzo Marescotti, sede del Dipartimento di Musica e Spettacolo, per presentare insieme a Marco De Marinis il libro Dopo la battaglia. Scritti poetico-politici, mentre alle 21 porterà in scena la sua autobiografia teatrale Racconti di giugno al Teatro Ridotto di Lavino di Mezzo, in via Marco Emilio Lepido 255.
Pubblicato da Barbès nel 2011, Dopo la battaglia è una raccolta di testi e immagini : articoli e scritti di Delbono pubblicati su quotidiani e riviste italiani e francesi dal 2004 ad oggi, a cui si affiancano oltre quaranta fotografie scattate dallo stesso regista nel corso delle sue tournée in giro per il mondo e durante le prove dell’omonimo lavoro teatrale, vincitore del premio Ubu come migliore spettacolo del 2011.
Abbiamo incontrato Pippo Delbono pochi giorni fa in un caffé parigino, tra una replica e l’altra di Dopo la battaglia, che è stato in cartellone al Theatre du Rond Point per due settimane, registrando sempre il tutto esaurito e un’accoglienza molto calorosa da parte del pubblico.
Ma più che di Parigi, dove ormai è di casa, gli preme parlare dell’intensa esperienza di Monaco, dove Il ricatto ha debuttato il 14 gennaio. “Per la prima volta ho lavorato con attori del teatro di tradizione, abituati a lavorare sui testi attraverso un’interpretazione psicologica”, racconta Delbono, che tra i membri della sua compagnia annovera un ex barbone, Nelson Lariccia, un ragazzo affetto da sindrome di down, Gianluca Ballaré, e lo straordinario Bobò, sordomuto che ha vissuto per quasi cinquant’anni in un manicomio e ora è la vera star della compagnia.
“E’ anche la prima volta che io non sono fisicamente in scena, anche se appaio in video : ho potuto quindi dedicarmi completamente agli attori”, afferma il regista. “Credo di averli davvero scioccati con il mio metodo di lavoro, completamente diverso a quello a cui sono abituati. Fino a due giorni prima del debutto ho continuato a cambiare degli elementi dello spettacolo. E poi abbiamo lavorato su temi forti : ci sono molti riferimenti al nazismo, che è nato proprio a Monaco. Ad un certo punto c’è un video che mostra Bobò a Dachau, è ovviamente un riferimento all’olocausto subito dalle persone diverse, dai cosiddetti malati psichici. Li ho fatti letteralmente impazzire, non solo gli attori ma anche i tecnici e il direttore del teatro! Ma il risultato finale ci ha lasciato completamente soddisfatti, l’accoglienza di pubblico e critici è stata ottima e ora gli attori mi mandano dei messaggini affettuosi. Anche io ho imparato tantissimo da loro, sono davvero bravi e molto professionali. E’ stato un bellissimo incontro, un vero scambio. Del resto i miei grandi amori artistici e filosofici sono tedeschi, a cominciare da Pina Bausch, mia maestra, a cui ho voluto rendere omaggio in Dopo la battaglia (dove recita e danza Marigia Maggipinto, che ha lavorato con la Bausch per quindici anni, ndr)”.
Il ricatto e Dopo la battaglia hanno avuto una genesi molto ravvicinata, e pur nella loro grande diversità hanno molti punti di incontro. In entrambi ci sono le musiche del violinista e compositore Alexander Balanescu (che in Dopo la battaglia è anche in scena), in entrambi ci sono riferimenti a momenti storici con cui l’Europa non ha ancora finito di fare i conti, dalla seconda guerra mondiale al terrorismo degli anni Settanta.
Nel Ricatto, che resterà nel repertorio del Residenztheater per i prossimi due anni alternandosi con le altre produzioni del teatro, confluiscono, come in tutti i lavori di Pippo Delbono, suggestioni di vari autori: “C’è Shakespeare, Romeo e Giulietta e il mercante di Venezia, c’è una poesia di Prévert sull’amore e un libro che ho letto recentemente sull’omosessualità di Hitler. E poi c’è la musica di Balanescu e quella di Bach, ma anche quella di Nina Hagen, che considero il corrispettivo femminile di Frank Zappa”.
“Il paradosso più grande”, conclude con un po’ di amarezza Delbono “è che mi chiamano in Germania e in Francia ma in alcuni teatri italiani c’è una specie di bando nei miei confronti. A Napoli per esempio, la città dove Bobò è entrato nella compagnia e soprattutto nella mia vita, non mi chiamano da anni. Ho una specie di nostalgia del mio paese, anche se ora più che mai ne detesto le ipocrisie e le logiche lobbistiche, attive purtroppo anche nell’ambito culturale e teatrale”.
di Vega Partesotti