Cosa hanno in comune un grande meteorologo ed esploratore degli inizi del XX secolo con uno “scoiattolo dai denti a sciabola” protagonista del prossimo film d’animazione “Ice Age 4”? Nel trailer il piccolo scoiattolo cade al centro della Terra e, per cercare di raggiungere la sua ghianda, mette in movimento il nucleo terrestre producendo così una reazione a catena che porta alla separazione dei continenti, riuniti prima in un unico grande blocco.
Questi due minuti rendono omaggio a una delle più grandi intuizioni scientifiche del secolo scorso. Proprio un secolo fa fu presentata al pubblico una teoria che avrebbe acceso un intenso dibattito e avrebbe permesso in seguito di collegare fenomeni apparentemente distinti come l’attività dei vulcani, i terremoti e la formazione delle montagne in un unico quadro. Prima di allora già qualche studioso aveva ipotizzato che la disposizione delle terre emerse fosse cambiata nel tempo grazie ai movimenti verticali della crosta terrestre prodotti, per esempio, dal peso dei sedimenti accumulatisi nei bacini per l’erosione causata dagli agenti atmosferici (pioggia o vento).
Nel 1911, l’astronomo e meteorologo tedesco Alfred Wegener, leggendo un articolo sulla presenza di fossili molto simili ritrovati sia in Africa sia in America del Sud, cominciò a elaborare una teoria che avrebbe cambiato il modo di vedere il nostro Pianeta. Fino ad allora, infatti, la distribuzione geografica di questi fossili veniva spiegata con la presenza di un “ponte continentale”, in seguito sommerso dall’Oceano Atlantico. Osservando le carte geografiche Wegener notò come il profilo del continente africano e quello sudamericano combaciassero. E se non ci fosse mai stato nessun ponte ma i due continenti fossero stati uniti in un tempo lontano? Fu così che agli inizi del 1912 presentò quella che in seguito sarebbe divenuta la teoria conosciuta come “Deriva dei Continenti” (Die Entstehung der Kontinente und Ozeane) secondo cui sarebbe esistito un unico supercontinente, la Pangea, circondato da un immenso oceano chiamato Pantalassa. La Pangea si sarebbe divisa, a partire da 200 milioni d’anni fa, dando origine agli attuali continenti. Questi, costituiti da materiale meno denso, si sarebbero spostati galleggiando come “iceberg nell’acqua” su un materiale più denso. La “Deriva dei Continenti” venne però criticata duramente, soprattutto dal mondo accademico americano, perché non spiegava quale fosse la “forza motrice” che faceva muovere i continenti. Wegener morì all’età di 50 anni durante una spedizione in Groenlandia e non poté più sviluppare la sua teoria.
La Seconda guerra mondiale portò all’inizio dell’esplorazione sistematica dei fondali oceanici, un mondo prima d’allora quasi completamente sconosciuto. In pochi anni ingenti investimenti si susseguirono e portarono gli scienziati alla cosiddetta “riscoperta della Terra” degli anni ’60. Vennero individuate sul fondo degli oceani lunghe “cicatrici” della crosta oceanica poi chiamate dorsali e depressioni oceaniche profonde oltre 10 km. Il geologo americano Hess, nella sua teoria dell’ “Espansione dei fondi oceanici”, ipotizzò un unico modello teorico in cui le dorsali oceaniche fossero collegate con le fosse abissali. In questo modello, materiale costituito da lave incandescenti in risalita da livelli sottostanti la crosta terrestre (mantello) fuoriusciva dalle dorsali e si raffreddava, espandendosi trascinato dai movimenti convettivi dello stesso mantello. Ad una certa distanza dalle dorsali, il materiale divenuto più freddo e pesante s’immergeva nuovamente nel mantello formando così le fosse oceaniche. Una nuova teoria sull’evoluzione della Terra era così maturata: la “Tettonica delle placche” (Plate Tectonics). Il nucleo di questa teoria rivoluzionaria fu pubblicato su Nature nel 1965 dal geofisico Tuzo Wilson. In questa teoria la litosfera (crosta terrestre e parte del mantello superiore) è divisa in sei placche di grandi dimensioni e altre più piccole. Ciascuna placca poteva essere delimitata da dorsali oceaniche dove si produceva nuova litosfera, da fosse oceaniche dove la litosfera veniva parzialmente riassorbita dal mantello oppure da faglie dove i lembi delle placche scorrevano a contatto l’uno dell’altro in direzioni opposte producendo fenomeni sismici.
In pochi decenni quindi da una visione quasi immobilista del nostro Pianeta si passò alla costruzione di un quadro ben più complesso e il ruolo di pioniere di Wegener fu unanimemente riconosciuto. Wegener fu il primo a intuire come la disposizione attuale dei continenti sia stata il frutto di una storia molto lunga e non ancora terminata.
PS: i protagonisti paleontologici di questa storia
Scrat: “scoiattolo dai denti a sciabola” di fantasia, ma non troppo. L’anno scorso è stato pubblicato un articolo su Nature dove veniva descritto il Cronopio dentiacutus un mammifero del gruppo dei Driolestidi venuto alla luce nella provincia di Rio Negro in Argentina. Questo mammifero di piccole dimensioni visse circa 100 milioni di anni fa insieme ai dinosauri e possedeva lunghi canini che gli permettevano di cacciare vertebrati di piccole dimensioni. Il Cronopio mostra una notevole somiglianza con lo “scoiattolo dai denti a sciabola” protagonista proprio del film “L’Era Glaciale” e la sua scoperta è avvenuta ben dopo quella della comparsa sulle scene di Scrat.
Mesosaurus: rettile marino estinto visse circa 280 milioni d’anni fa e fu ritrovato in sedimenti affioranti nelle coste orientali dell’America del Sud (Brasile) e in quelle occidentali dell’Africa (Namibia). Lungo circa 1 metro e dotato di un muso allungato, cacciava pesci e crostacei nei laghi e nelle lagune costiere. Fu proprio il Mesosaurus una delle prove paleontologiche di Wegener. Questo rettile non avrebbe potuto attraversare l’Oceano Atlantico e questo poteva dimostrare come Africa e America del Sud fossero un tempo unite.