Nonostante le rassicurazioni fornite, l'agenzia Onu si è guardata bene dal dare il suo via libera alla riapertura della centrale atomica devastata dallo tsunami della scorsa primavera. “Consigliamo al governo giapponese di avviare una campagna di 'relazioni pubbliche' con la popolazione locale”
A chiamare gli ispettori dell’Agenzia, diretta dal giapponese Yukiya Amano, è stata l’Agenzia nazionale per la sicurezza industriale (Nisa) di Tokyo, per cercare di colmare il gap di fiducia che la cattiva gestione della recente emergenza nucleare ha creato tra il governo, la Tepco e i cittadini, ancora profondamente scettici circa la sicurezza dell’impianto.
La missione dell’Aiea è durata poco più di una settimana, dal 23 al 31 gennaio, con dieci persone impegnate nella verifica degli impianti, non solo di quello di Fukushima, sulla base delle nuove linee guida per la sicurezza delle centrali nucleari approvate a settembre del 2011. “Abbiamo concluso che le procedure della Nisa per gli impianti sono generalmente coerenti con le indicazioni dell’Aiea”, ha detto in una conferenza stampa a Tokyo James Lyons, direttore della Divisione sicurezza degli impianti nucleari. L’Agenzia Onu ha comunque mandato una serie di osservazioni per migliorare le procedure e le misure di sicurezza, in più una valutazione complessiva della situazione sarà affidata a un rapporto più completo che sarà consegnato al governo nipponico nel giro di qualche settimana.
In questo rapporto saranno anche contenute le valutazioni degli esperti dell’Agenzia sulle misure di “mitigazione” degli effetti di “gravi incidenti”, che a un primo esame, risultano avere bisogno “essere affrontati in modo più completo”.
Lo stesso Lyons, comunque, si è guardato bene dal dare al governo giapponese il via libera per riavviare gli impianti chiusi dopo l’incidente. “Non rientra nel nostro mandato assumere queste decisioni”, ha detto diplomaticamente il capo-delegazione dell’Aiea, che però nella relazione “a caldo” ha consigliato il governo nipponico di avviare una campagna di “relazioni pubbliche” con i cittadini che vivono all’ombra degli impianti nucleari per convincerli del fatto che gli impianti possono essere riavviati.
La chiusura delle centrali, spesso sollecitata dalle autorità locali delle prefetture dove si trovano gli impianti, ha aumentato i costi indiretti del terremoto e dello tsunami che hanno messo in ginocchio il Giappone nella scorsa primavera. Per far fronte alla mancata produzione di energia elettrica dall’atomo, infatti, il Giappone ha dovuto aumentare le importazioni di combustibili fossili e ridurre il consumo di energia.
Delle nuove linee guida dell’Aiea, così come delle conseguenze per l’industria atomica mondiale dell’incidente di Fukushima, si parlerà a Seul, Corea del Sud, nel summit mondiale sulla sicurezza atomica, previsto dal 26 al 27 marzo. Giusto due settimane prima, ci saranno state le tristi celebrazioni per l’anniversario del terremoto e dello tsunami che, oltre a piegare il Giappone, ha fatto andare in fibrillazione tutto il mondo e dimostrato ancora una volta quando pure il più sicuro degli impianti nucleari non è mai a sufficienza da evitare l’evento imprevisto dalle conseguenze disastrose. Su questo, sulla paura profonda che alberga in un paese che ha fatto esperienza delle esplosioni atomiche di Hiroshima e Nagasaki, gli ispettori dell’Aiea, gli stress test e le campagne pubblicitarie sulla sicurezza degli impianti possono davvero fare ben poco.
di Joseph Zarlingo