Armando Spataro, procuratore aggiunto a Milano con competenza specifica per reati di terrorismo, arriva a Lodi e un suo provvedimento fa subito scalpore. La tranquilla realtà cittadina ha avuto infatti un soprassalto di fronte all’ordine emesso dal Giudice per le indagini preliminari Andrea Pirola, su proposta dello stesso Spataro, di mettere sotto sequestro il depuratore comunale. “Frode nelle pubbliche forniture, getto pericoloso di cose e danneggiamento aggravato, gestione illecita di rifiuti speciali in difformità rispetto all’autorizzazione”, questi i reati ipotizzati nell’inchiesta della procura di Lodi.
Ieri mattina i militari del Corpo forestale dello Stato, coadiuvati da personale tecnico dell’Arpa, hanno apposto i loro sigilli all’impianto che in teoria deve ripulire le acque fognarie, ma che in realtà secondo la Procura funziona in modo anomalo e con gravi carenze. Nel registro degli indagati, per ora, sono iscritti Antonio Redondi e Carlo Locatelli, rispettivamente presidente e direttore generale Sal, ovvero la società che ha in gestione il depuratore.
Le indagini sono partite nel 2009. Allora il titolare dell’inchiesta era il pm Paolo Filippini, procuratore esperto in reati ambientali oggi a Milano. Sotto suo mandato, nel novembre del 2010, agenti della polizia giudiziaria già avevano fatto ingresso nell’impianto sotto accusa, per raccogliere prove e fare analisi. Ma solo ogg si è arrivati a porre sotto osservazione l’operato di due noti funzionari e a bloccare parte dell’attività della struttura, affidando l’impianto in custodia al Presidente della Provincia di Lodi.
Spataro ha preso servizio come capo della Procura di Lodi lo scorso 10 gennaio. La sua presenza sarà temporanea, fino al 10 aprile 2012. La carica di Procuratore aggiunto a Milano nel frattempo non è decaduta. Il Csm ha deciso però che il magistrato affianchi con funzioni di coordinamento, Giampaolo Melchionna, l’unico sostituto oggi presente nella piccola e sotto organico Procura lodigiana. Una situazione a termine, naturalmente, che si attende di risolvere con l’arrivo di nuovi magistrati e di un capo a tempo indeterminato.
Dovrebbero essere cinque, ufficialmente, i pm con competenza sul Lodigiano. Ma due sono in congedo per maternità e su altri due pende la decisione del Csm per il loro trasferimento. L’unico operativo avrebbe dovuto districarsi, quotidianamente, tra le oltre duemila pratiche aperte, senza contare il fatto di presenziare alle udienze in Tribunale.
Quella del depuratore di Lodi pare essere una vicenda che si trascina da tempo. Basta ascoltare la storia di Pietro Zanaboni, agricoltore, per capirne il motivo. Questi, che suo malgrado ha campi e casa vicini all’impianto, è dal 1985 che tempesta la locale Procura di segnalazioni, esporti e querele. Tutte le volte che piove un poco oltre la norma, i suoi terreni si riempiono di liquami e sostanze maleodoranti, con conseguente danneggiamento della sua attività e pericolo per la salute, sua e dei suoi famigliari.
Zanaboni ha citato in giudizio, in una causa civile per danni, il Comune di Lodi e la società di gestione dell’impianto: la prima udienza sarà il prossimo 10 febbraio. Le autorità lodigiane, sugli ultimi sviluppi, dichiarano però la loro sorpresa. L’Ato lodigiano, l’ente chiamato a governare a livello provinciale la gestione delle risorse idriche, ha dichiarato per esempio che le ultime analisi effettuate risultavano conformi.
Eppure i riscontri svolti dagli inquirenti sulle acque di una roggia a valle del depuratore, presentavano livelli di “coliformi fecali” oltre la norma. Cosa che risultava pure a Zanaboni: “Ho fatto fare analisi di tasca mia – dice – periti e laboratori, in tutti questi anni, mi sono costati oltre 30 mila euro”.