Diciamo subito che l’imputato B. e i suoi difensori, gli avvocati Ghedini e Longo, fanno il loro mestiere nel rispetto della legge: B. ha tutto il diritto di cercare di non finire in galera; e gli avvocati hanno il dovere di perseguire questo scopo con gli strumenti previsti dalla legge. Tutti, nessuno escluso: si chiama, in gergo, arrampicarsi sui vetri; ma è legittimo e, come ho detto, perfino doveroso.

Sicché aver ricusato i giudici del processo Mills con lo scopo di arrivare alla prescrizione rientra a pieno titolo nell’attività difensiva. Naturalmente questo non vuol dire che l’istanza di ricusazione sia fondata. E, come gli avvocati hanno il dovere di presentarla (se può servire ad arrivare alla prescrizione), così i giudici hanno il dovere di giudicare secondo giustizia, senza farsi turlupinare e senza accondiscendenze. Ecco perché fatico a capire la decisione della Corte d’appello.

In diritto: Cassazione (n. 31882 / 2008) e Corte europea dei Diritti del’Uomo hanno detto che le pronunzie del giudice in materia di ammissione delle prove non possono essere valutate ai fini di una ricusazione. In altri termini, non si può presentare un’istanza di ricusazione sostenendo che il giudice ha anticipato un giudizio di colpevolezza, ciò desumendo dalla sua decisione di non sentire alcuni testi presentati dalla difesa. Queste decisioni del giudice possono essere censurate in Appello o in Cassazione (“il giudice di primo grado ha sbagliato; se avesse sentito i testi avrebbe potuto decidere in altro modo”); ma non possono essere ritenute prova di un’anticipazione di giudizio. Il che, per la verità, è anche facile da capire: se non fosse così, ogni decisione del giudice contraria a una richiesta della difesa sarebbe prova di una presunta anticipazione, in chiave colpevolista, del giudizio; e lo sarebbe perfino ogni accoglimento di una richiesta dell’accusa a cui la difesa si opponesse. Insomma il processo sarebbe paralizzato.

Sicché B. e i suoi avvocati hanno torto. E la loro istanza di ricusazione avrebbe dovuto essere giudicata inammissibile. Attenzione: non respinta. Proprio giudicata inammissibile perché “manifestamente infondata” (art. 41 codice di procedura). Invece la Corte d’appello l’ha giudicata ammissibile. Perché? Lo sapremo dopo il 18 febbraio, quando deciderà nel merito.

Però è proprio strano. Anche perché, con un processo per un reato che sta lì lì per prescriversi, aver fissato la camera di consiglio il 18 febbraio è veramente privo di senso comune. Qui non si sta giudicando Romoletto Gratta che ha rubato un paio di Cd al supermercato; di processi così se ne prescrivono migliaia, e che sarà mai se si prescrive anche questo?! Qui si giudica B., che è stato presidente del Consiglio dei ministri per una vita e che è imputato di aver corrotto un testimone. Roba forte. Un elementare programmazione, fondata – come in ogni ufficio giudiziario – sull’importanza dei processi, avrebbe dovuto indurre la Corte a fissare la camera di consiglio il prima possibile, magari un sabato pomeriggio. Che direste di un giudice che, per fare i processi già in calendario, magari processi da poco, fa prescrivere un omicidio? Invece…

Ma la prescrizione è sospesa durante la procedura di ricusazione (art. 159 codice penale); quindi comunque una sentenza nel merito potrà essere emessa. Sì però, perché andare a cercarsi guai? Non era più semplice dirgli “tutte balle, tornate in tribunale e fatevi giudicare”? Respinti con perdite e chiasso finito. Mah. Habent sua sidera lites: anche i processi hanno il loro destino.

Il Fatto Quotidiano, 3 febbraio 2012

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