Cultura

Firenze ricorda la “marcia dei professori”
Dieci anni fa il primo vagito dei Girotondi

Pardi, Ginsborg e De Zordo si ritrovano per celebrare la manifestazione che, a sorpresa, radunò diecimila persone e aprì la stagione dell'indignazione contro il governo Berlusconi, le leggi ad personam, l'occupazione della Rai. E che cercò di dare la scossa ai partiti del centrosinistra frastornati dalla batosta elettorale

di Mario Portanova
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Nel suo celebre sfogo di piazza Navona contro la dirigenza del centrosinistra – Rutelli e Fassino in testa – Nanni Moretti non ne pronunciò neppure il nome. Ma salutò “il nuovo leader dell’Ulivo, il geografo di Firenze” (guarda il video). Il geografo di Firenze era Francesco “Pancho” Pardi, attuale senatore dell’Italia dei valori. Che si era inventato, insieme ad altri colleghi universitari, la “marcia dei professori” per l’indipendenza della magistratura e la libertà d’informazione, minacciate entrambe dal neonato governo Berlusconi.

Era il 24 gennaio 2002, dieci anni fa (quasi) esatti. Una manifestazione organizzata in casa, senza partiti, in una giornata gelida e piovosa, richiamò in piazza nel capoluogo toscano circa diecimila persone. Era la prima, inaspettata prova di forza di un nuovo movimento, che poi sarebbe passato alle cronache come “i girotondi”. Indignati ante litteram, i girotondi avrebbero preso in mano il pallino della protesta contro il berlusconismo che rapidamente svelava il suo volto – nello scontro frontale permanente con la magistratura, nell’occupazione militare della televisione, nelle leggi ad personam – mentre i partiti del centrosinistra stentavano a riprendersi dalla batosta elettorale del maggio 2001.

Il decennale della “marcia dei professori” è ricordato oggi a Firenze (dalle 16 al circolo Il Progresso di via Vittorio Emanuele 135a) con i protagonisti di quel piccolo pezzo di storia italiana. Oltre a Pardi, lo storico Paul Ginsborg e Ornella De Zordo, animatrice e consigliere comunale della lista “Per unaltracittà”. Il giornalista Cristiano Lucchi presenta il libro “Il Laboratorio della democrazia – La politica dal basso”, che raccoglie documenti, articoli e testimonianze sull’associazione nata da quell’esperienza.

Per la verità il primo sussulto dei girotondi risale al 15 settembre 2001, quando un gruppo spontaneo di cittadini – le “sciarpe gialle” – decise di ritrovarsi a Roma, in piazza di Torre Argentina, per protestare contro il conflitto d’interessi del neoeletto presidente del consiglio e i primi provvedimenti contro la magistratura. L’aperitivo era stato l’abolizione della scorta a magistrati di prima linea, come Ilda Boccassini. Sarebbero seguiti gli interventi sulle rogatorie, la depenalizzazione del falso in bilancio, la “legge Cirami” sul legittimo sospetto… Tecnicismi del codice di procedura penale che miravano, con precisione chirurgica, specifiche esigenze processuali del presidente del consiglio e/o dei suoi fedelissimi.

Ma a ogni legge “ad personam”, l’indignazione montava. Dopo la marcia dei professori ci fu il grande raduno milanese del “Palavobis”, un bagno di folla “per la legalità” officiato il 23 febbraio 2002 da Paolo Flores D’Arcais e Nando dalla Chiesa. Arrivarono in 40mila, tre quarti rimasti fuori dal tendone per esaurimento posti. Intanto un gruppo di giornaliste milanesi, tra le quali Daria Colombo (moglie di Roberto Vecchioni) e Luigina Venturelli, inventano un nuovo tipo di manifestazione di piazza. Il girotondo, appunto, un abbraccio collettivo a edifici simbolici, come il palazzo di Giustizia o la sede della Rai. A Roma l’idea fu mutuata da altre donne, in particolare Silvia Bonucci e Marina Astrologo, che ebbero tra l’altro un ruolo determinante nel convincere il regista Nanni Moretti a un inedito (e mai più ripetuto) impegno diretto nell’agitazione politica.

Agitazione per modo di dire. Perché se i Cicchitto e gli Schifani dipingevano i “girotondini” come pericolosi sovversivi giustizialisti e giacobini, una definizione azzeccata degli indignati armati di Costituzione la diede lo stesso Ginsborg: “Ceto medio riflessivo”. Molti non avevano mai organizzato neanche un sit in, e raccontavano imbarazzate conversazioni con i centralini delle questure: “Scusi, dovrei organizzare una manifestazione, con chi devo parlare?”. Di girotondo in girotondo, arrivò la manifestazione oceanica del 14 settembre 200 in piazza San Giovanni a Roma, con centinaia di migliaia di pesone arrivate da tutta Italia per protestare contro la “Legge Cirami” (dal senatore dell’Udc Melchiorre Cirami che la proponeva), che avrebbe allargato a dismisura la possibilità di ricusare i giudici di un processo per “legittimo sospetto” sulla loro autonomia di giudizio. La manifestazione, affollata oltre ogni previsione, si concluse con l’auspicio di Moretti: “Non perdiamoci di vista”.

Si persero di vista in molti. I Girotondi seguirono la sorte tipica di molti movimenti mossi dal carburante dell’indignazione. Le ondate di piena nelle piazze, la risacca delle riunioni con quattro gatti a interrogarsi sul “che fare”. E poi l’eterno dilemma del rapporto con i partiti, le polemiche su chi si candidava e chi no. Ci furono tentativi di fusione, non sempre riusciti, con i cosiddetti “no global” emersi dai fumi del G8 di Genova e con la Cgil di Sergio Cofferati, protagonista di una gigantesca mobilitazione contro la riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (corsi e ricorsi della storia).

Ma il ceto medio riflessivo ottenenne anche dei risultati concreti (la pressione dell’opinione pubblica, per esempio, provocò uno smontaggio della legge Cirami tale renderla un attrezzo inservibile) e diede una scossa ai partiti del centrosinistra nel contrasto del berlusconismo. Estrema soddisfazione, veder diventare girotondini (post litteram) saldi alleati del Cavaliere, come Pier Ferdinando Casini e Gianfranco Fini. Che anni dopo avrebbero mollato il Caro Leader accusandolo di perseguire i propri interessi personali, di controllare i media, di farsi le leggi su misura… e via girotondando.

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