Il ministro del Welfare Elsa Fornero vuole chiudere l’ente governativo che lavora a stretto contatto con le agenzie delle Entrate per smascherare le truffe delle “finte” raccolte fondi
Non solo moda e design. Milano cerca di riconquistare il primato di capitale morale d’Italia e lo fa attraverso una struttura fisica: la casa del volontariato. Cinque piani, nel quartiere di Porta Nuova, dedicati interamente alle associazioni del terzo settore e che saranno pronti in concomitanza di Expo 2015. Il progetto arriva a una settimana di distanza dalle parole del ministro del welfare Elsa Fornero, che a margine di un convegno nel capoluogo lombardo aveva annunciato la chiusura di un ente di portata nazionale, che ha sede a Milano. Si tratta dell’agenzia del terzo settore, un tempo agenzia per le Onlus, aperta nel 2002 dopo un decreto del Consiglio dei Ministri (del 2000). Tra i suoi compiti c’è quello di formulare pareri sulle onlus, su richiesta dell’Agenzia delle Entrate. “Un parere non vincolate” specifica il direttore generale Gabrio Quattropani, che ha portato a svelare come molte associazioni beneficiassero delle agevolazioni fiscali previste per le onlus per fare profitti.
Nel 2011 l’agenzia ha proposta la cancellazione di 313 “finti” enti non lucrativi, 7435 dal 2003 ad oggi. Tra le indagini dell’agenzia è passata ad esempio anche la onlus Ciak di Edoardo Costa, poi indagato per truffa ai danni dei bambini africani. Il meccanismo si ripete come in un copione: si destina solo una parte dei soldi raccolti attraverso le donazioni dei privati ad attività benefiche, e si tiene il resto (solitamente la maggior parte) per sé. Nell’assemblea di gennaio, il consiglio direttivo ha individuato “sei nuovi casi di onlus che truffavano le persone”, spiega uno dei funzionari dell’agenzia.
Ci sono enti benefici che raccolgono fondi con finte scuse, associazioni composte da due soli soci che si pongono obiettivi troppo ambizioni per essere veri e associazioni che sono arrivate a raccogliere fino a 1 milione di euro l’anno: di questi più di 800mila euro sono andati alla società che le ha aiutate nel trasporto di beni verso l’estero o nella raccolta delle donazioni, come dimostrano i casi discussi a gennaio dall’agenzia del terzo settore (vedi allegati). Spesso le onlus si affidano a società di fund raising che si rivelano essere dello stesso presidente dell’associazione benefica, che deve pagare un conto spese talmente elevato da ridurre all’1-2% dei fondi raccolti, il denaro destinato al settore umanitario. “Tra le competenze dell’agenzia c’è anche quello di intervenire nella devoluzione di patrimonio verso altre imprese sociali, da parte di organizzazioni sciolte”, spiega Quattropani: un passaggio fondamentale per evitare che un privato si impossessi di tale somma.
La decisione del governo Monti di chiudere questo ente ha sorpreso i dipendenti: “L’unica cosa che sapevamo è che il 14 gennaio il consiglio direttivo , presieduto da Stefano Zamagni, è scaduto. Ci sono 45 giorni di proroga” entro cui la presidenza del Consiglio deve decidere il futuro dell’agenzia del terzo settore. I finanziamenti statali sono diminuiti con il passare degli anni: dai 2 milioni e mezzo di euro (il tetto massimo) del 2005 si è passati a circa 720mila euro. Un’attività troppo costosa? Secondo il direttore generale “i consiglieri non ricevono alcuna indennità. C’è un gettone di presenza per le riunioni di 30 euro lordi e il rimborso per le spese di viaggio”. Dopo le prime polemiche da parte del mondo del volontariato, il governo sembra orientato a spostare le attività a Roma per accorpare l’ente al ministero del Lavoro.