“Ci sono motivi di grande allarme”, aveva detto Mario Monti durante la conferenza stampa di fine anno rispondendo alla domanda del Fatto sulle spese pazze dell’Agenzia del Territorio diretta da Gabriella Alemanno. Decine di migliaia di euro per cene, regali, gioielli, voci incredibili come oltre 3 mila euro per uova di struzzo decorate da regalare a Natale, tutto pagato dal ministero del Tesoro di cui l’Agenzia del Territorio è parte importante. Ma l’allarme non era poi così grande, visto che ieri il Consiglio dei ministri ha confermato al suo posto Gabriella Alemanno. Assieme a lei anche tutto il resto della dirigenza di massimo livello del ministero dell’Economia, dal ragioniere generale dello Stato Mario Canzio a Fabrizia Lapecorella, direttore generale delle Finanze, a Raffaele Ferrara a capo dei Monopoli di Stato e l’ormai celeberrimo Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate (il suo attivismo nelle ultime settimane ha di certo favorito la riconferma).
Eppure era l’occasione giusta, la meno traumatica, per un po ’ di ricambio: la legge sullo spoil system prevede che i massimi dirigenti amministrativi, quelli che rispondono direttamente ai ministri, decadano assieme al governo che li ha indicati. Poteva essere il momento per Monti, che è anche ministro dell’Economia ad interim, di rinnovare la squadra. E invece niente. Gabriella Alemanno resta al suo posto. “Ha presentato un ottimo lavoro sulle case fantasma”, dicono dal governo per motivare la riconferma. Non risulta ci sia stata alcuna sanzione, neppure un richiamo, per gli eccessi della Alemanno: le spese di rappresentanza, come ha rivelato Marco Lillo sul Fatto il 27 dicembre, sono passate dagli 80 mila euro del 2009 a un milione nel 2010 fino, stando alle stime, un milione e mezzo nel 2011. Ma la Alemanno non si tocca. Non per la parentela (è la sorella di Gianni, sindaco di Roma e leader di una delle fazioni del Pdl), quanto perché a lei è stato delegato uno dei progetti più ambiziosi del governo Monti, la riforma del Catasto. Sarà annunciata ufficialmente in uno dei prossimi Consigli dei ministri.
Intanto la Alemanno sta lavorando sulle case abusive per attribuire loro d’ufficio una rendita catastale, primo passaggio di una revisione più ampia che Monti giura sarà a saldo zero (qualcuno pagherà di più, altri avranno sconti). Le nomine al Tesoro sono cruciali per due ragioni. Prima: Monti è ministro, ma in via XX Settembre non ha molto tempo di andare. Alla testa del ministero c’è di fatto Vittorio Grilli, viceministro (da poco effigiato con pari dignità del premier sul sito del ministero). Grilli è l’ex direttore generale di Giulio Tremonti, promosso viceministro, ma che finora ha fatto il possibile per garantirsi la possibilità di tornare alla poltrona di direttore (assai meglio pagata) in caso di crisi di governo. Finora Monti non ha nominato alcun direttore generale, nonostante da più parti arrivino pressioni in questo senso. Ultimo Francesco Giavazzi, economista della Bocconi che in un editoriale del Corriere della Sera due giorni fa ha ribadito che non si può lasciare acefala la struttura amministrativa di un colosso come il ministero del Tesoro.
In via XX Settembre oggi regna Vincenzo Fortunato, il potentissimo capo di gabinetto uscito di fatto vincitore dalla competizione con Marco Milanese, deputato Pdl e fino a pochi mesi fa principale collaboratore di Tremonti, poi travolto da un’inchiesta giudiziaria e rimasto fuori dal carcere solo grazie allo scudo della Camera che l’ha salvato. I tecnici del Tesoro sono rimasti basiti quando Monti non ha dato alcun cenno di voler sostituire Fortunato, garantendo invece la continuità totale con il governo precedente. Cambiare i ministri conta, ovvio. Ma se tutta la potente struttura sotto di loro, che incide sulle nomine, le spese, i testi legislativi e così via, resta la stessa, una certa continuità è garantita. E a Monti, il compromesso, tutto sommato va anche bene purché gli lascino fare le riforme che ha in mente.
da Il Fatto Quotidiano del 4 febbraio 2012