Il risultato del Nevada, quasi scontato, non cambia molto nella corsa alla nomination repubblicana, che avrà altre tre tappe martedì 7, nel Missouri, in Colorado, dove sta facendo campagna Santorum, che non parla –per ora- di ritiro, e in Minnesota, dove è già arrivato il terzo incomodo Ron Paul, portavoce libertario che, ovunque va, annuncia la sua ‘rivoluzione’: neo-isolazionismo, abolizione della Fed e drastica riduzione dell’intervento pubblico nel sociale e nell’economia-. In Nevada, Paul è stato terzo, al 18%, meglio di Santorum.
Romney vinse in Nevada anche nel 2008, il che non gli impedì, però, di perdere la nomination, finendo dietro John McCain, poi battuto nelle presidenziali da Barack Obama. Da Reno, la capitale dello Stato del gioco d’azzardo e dei matrimoni facili, l’ex governatore del Massachussetts parla già da candidato repubblicano alla presidenza: “Mi avete ridato il vostro voto. Questa volta, lo porterò alla Casa Bianca”; e attacca solo il presidente Obama, non i suoi rivali: “Obama aprì il suo mandato chiedendo scusa per l’America. Ora, deve chiedere scusa all’America”.
Gingrich, invece, evita il bagno di folla fra i suoi fans delusi, si limita a una conferenza stampa, smentisce tutte le voci d’un suo abbandono e se la prende con Romney, “Non ho mai visto accanto a me in un dibattito un candidato così apertamente falso. Se lo è ora (falso, ndr), come sarebbe se fosse presidente?”.
Sarà falso, Romney, ma è ricco, del suo e dei suoi finanziatori. Nei giorni scorsi, ne è uscita la lista, che ha rivelato come il potere finanziario ed economico americano sostenga il candidato mormone: ieri, s’è saputo che i fratelli Kock, magnati del carbone ultra-conservatori, si sono aggiunti alla lista dei paperoni d’America che vogliono cacciare dalla Casa Bianca il presidente Obama. Il quale punta sempre sulla colletta via internet fra milioni di cittadini. Gingrich, invece, ha dalla sua soltanto il re dei casino di Las Vegas: in Nevada, avrebbe dovuto giocare in casa ed ha perso.
E tutto il mese di febbraio rischia di essere un calvario per l’ex speaker della Camera, Penna Bianca della politica americana: Romney, nel 2008, vinse in Colorado e in Minnesota, dove si vota martedì; l’11, poi, si conteranno i suffragi nel Maine, dove le assemblee sono in corso; e,quindi sarà la volta del Michigan, dove Romney è cresciuto e dove suo padre è stato governatore.
Per trovare terreni a lui favorevoli, Gingrich deve arrivare al 6 marzo, il ‘Super-Martedì’, quando si voterà in una dozzina di Stati, molti del Sud e ci saranno in palio oltre 400 candidati. Per ottenere la nomination, ne occorrono 1.444 (e finora non ne sono stati assegnati neppure 150).
(Nella foto: Mitt Romney, LaPresse)