Luigi Lusi avrebbe creato una contabilità parallela creata per sfuggire ai controlli. Quindi un doppio bilancio, per far “passare” le fatture per le finte consulenze per milioni di euro che il tesoriere della Margherita, poi entrato nel Partito Democratico, affidava alla sua società TTT, accumulando tredici milioni in appena tre anni. E’ quanto riporta il Corriere della Sera citando una relazione che ricostruisce le movimentazioni preparata dai consulenti della Margherita e potrebbe essere consegnata ai magistrati. L’obiettivo dei pubblici ministeri, scrive il quotidiano di via Solferino, rimane quello di accertare se ci siano altri reati commessi da Lusi, ma anche stabilire come mai nessuno si sia accorto di queste ruberie. E soprattutto se anche altri politici possano aver goduto dei favori del tesoriere.
Con il trascorrere dei giorni, infatti, diventa sempre più fitto il mistero sull’approvazione dei rendiconti. E’ Arturo Parisi, che si era dimesso dall’Assemblea proprio per mancanza di “chiarezza sulla gestione finanziaria”, a manifestare i dubbi. Dopo aver parlato con i magistrati, Parisi in un’intervista a Repubblica ribadisce le sue perplessità su Lusi. E accusa: “Gestiva i soldi solo per Rutelli”. Con Lusi c’è stato “un braccio di ferro” fin dalla “notte dei tempi” con “un avversario messo a guardia delle risorse del partito a garanzia del fatto che fossero spese a sostegno della presidenza Rutelli e della sua linea politica”. Dice Parisi che ricorda di avere lanciato a suo tempo “un grido d’allarme “sull’opacità” dei bilanci, caduto però “nel vuoto per sottovalutazione”.
Proprio perchè Lusi “gestiva i soldi solo per Rutelli” Parisi aveva proposto da presidente dell’Assemblea federale “un comitato di tesoreria che difendesse le minoranze” ma “mai e poi mai avrei pensato che si finisse a guardie e ladri. Se non avessi letto la pubblica assunzione di responsabilità personale di Lusi, ancora oggi avrei difficoltà a crederci”. Per Parisi, comunque, è “grave che nessuno sapesse di quei 13 milioni” sottratti alle casse della Margherita per i quali è indagato l’ex tesoriere. E in ogni caso la vicenda dimostra che “è urgente che i capi partito riconoscano che il potere che è finito nelle loro mani è troppo superiore alla loro capacità – non dico volontà – di usarlo bene, e ancor più del potere che i cittadini sono disposti a riconoscere come legittimo. Lo riconoscano e se ne spoglino in fretta restituendolo ai cittadini, prima che sia troppo tardi”.