Laura Fontana, responsabile per l’Italia del Mémorial de la Shoah di Parigi, critica l'iniziativa organizzata a Napoli in occasione della Giornata della Memoria. Se il ricordo della Shoah deve essere fatto male, meglio non farlo
Mi occupo di memoria della Shoah da ventidue anni e non posso che assistere con preoccupazione e sgomento alla deriva delle commemorazioni che si svolgono ogni 27 gennaio. Il Giorno della memoria si sta trasformando in una generica apologia dei diritti umani, sempre meno ancorata a un bisogno di conoscenza storica e di riflessione politica: da un lato una commemorazione smisurata e ridondante che pone ossessivamente la Shoah al centro del discorso pubblico: dall’altro un’ignoranza sostanziale dei fatti storici, alimentata dall’erronea convinzione di sapere tutto dei lager e delle camere a gas.
Tutti – siano politici, insegnanti o privati cittadini – sentono il dovere di andare a visitare Auschwitz in virtù di un dogma che rende il verbo vedere sinonimo del verbo capire, ma nelle università italiane non esiste alcun seminario permanente di storia della Shoah. Saranno le mille iniziative con cui ci impegniamo a tener viva la memoria a compensare il declino dell’insegnamento della storia nella scuola italiana?
Certamente i nostri figli non impareranno cosa sono stati il fascismo e il nazismo grazie a iniziative come quella organizzata a Napoli per lo scorso 27 gennaio, dove in Piazza Plebiscito è stato esposto un vagone presentato come originale dell’epoca e utilizzato per il trasporto dei deportati ad Auschwitz. Il vagone era messo in un angolo della piazza, quasi a caso, senza alcuna illuminazione, indicazione o allestimento idoneo a una corretta visualizzazione. L’unica indicazione di cui poteva disporre l’ignaro passante era un foglio di carta attaccato con del nastro adesivo sulla porta, che comunque non consentiva di capire da dove provenisse esattamente il vagone, né a quali deportati si riferisse. Testimone muto e quasi illeggibile della sofferenza di migliaia di innocenti, era una presenza incongrua in un’area animata da stand gastronomici e musicali da fiera di paese, con zucchero filato, bomboloni, giostre, canzonette, e persino la preparazione di una gara podistica con striscioni e bandierine.
Mancanza di rispetto? Indecenza? Miopia dell’amministrazione comunale? Confusione storica da parte degli organizzatori? Lo spettacolo da fiera di Napoli ha in ogni caso avuto il pregio di mettere a nudo il re e l’ipocrisia benpensante di chi continua a mettere in prima pagina (o nella piazza principale) la memoria della Shoah senza rispettarla né fare i conti con la storia cui necessariamente rimanda. Una preghiera per il Giorno della memoria del prossimo anno: meglio niente, che un povero vagone abbandonato in mezzo ai venditori di lupini.
Laura Fontana
responsabile per l’Italia del Mémorial de la Shoah di Parigi