Nel frequentare una coppia di vecchi amici vegetariani insieme ad altri, qualche anno fa, irruppi nella loro cucina con un “stasera cucino io”. E mi partì la voglia di sorprendermi e sorprenderli con un ragù. Dei paccheri troneggiavano negli scaffali della loro dispensa. E gli ulivi intorno casa garantivano il loro olio. Miglior partenza non potevo desiderare. Entrambe del sud, avevano ovviamente una dispensa ben fornita e prodotti del loro orto riposti con cura in un frigorifero che, se non antico, ne simulava le fattezze.

Feci così un soffritto di carote, sedano e cipolle che portai fino al primo color rame, dopo di che ci misi a soffrire e indorare un paio di piccoli porri tritati e a seguire, sempre spezzettati finemente, dei cuori e gambi di carciofi ben mondati. Feci sentire poi il calore dell’olio a tre piccoli spicchi d’aglio, anch’essi tritati, e finii per scoprire che parenti siciliani avevano portato una cassetta di baccelli (fave fresche), che mangiammo a fine serata con il più classico e buono dei marzolini. Rubai una manciata di baccelli per sgranarli e spaccarli sgarbatamente prima di aggiungerli al tutto, con un non niente di scorza di limone tritata insieme a peperoncino e quattro pomodorini pelati, che ovviamente provenivano da qualche benedetta zia.
Lasciai stufare, aggiungendo pochissima acqua, per non più di una ventina di minuti e, mentre chiudevo il fuoco, mi cascò l’occhio su un vasetto dove era stato raccolto del fiore giallo di finocchio. Ne aggiunsi un paio di cucchiaini.

Condimmo la pasta nel dubbio di doverci grattugiare del buon provolone, ma sostenni che non era estate e che nell’intingolo mancavano le melanzane per accoglierlo.
Stessa sorte per il parmigiano che, anche con un po’ di riluttanza da parte mia, fu messo via da  quella che risultò essere una banda di sudisti. Ma gli amici sanno come prenderti e qualcuno di loro, mentre ragionavamo, aveva già allungato la forchetta dentro la zuppiera dichiarando a voce alta “sono perfetti così”.
Fra le risate, aiutate da un Nero d’Avola, calò un silenzio da fame improvvisamente soddisfatta.

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ma non di fatto. “E doppiamente dannosi”

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