Una “punizione” consolidata dal tempo: un tuffo nel fiume per far capire che girare ubriachi per il paese, soprattutto se si è stranieri, non era affatto gradito. Accadeva a Montagnana, grosso centro della Bassa Padovana, fino a qualche tempo fa. A eseguire i ‘trattamenti speciali’ lungo il fiume Frassine erano quattro carabinieri della locale stazione, ora indagati per violenza privata, sequestro di persona e omissione di atti d’ufficio. Le vittime predilette erano un gruppo di marocchini senza fissa dimora. Il modus operandi, che andava avanti da circa un anno, è venuto alla luce quando il cadavere di un 25enne marocchino è emerso dalle rive del fiume a fine maggio 2011.
Il ragazzo era stato prelevato il 15 maggio dai militari durante la festa di paese: era sbronzo, e, a giudicare dalle testimonianze, era molesto nei confronti della gente del posto. Il suo corpo era stato restituito dalle acque dieci giorni dopo. A quel punto sono scattate le indagini. Ed è emersa l’abitudine dei carabinieri di “dare una rinfrescata” agli ubriachi, una lezione che non prevedeva il passaggio in caserma, e nemmeno la segnalazione all’autorità giudiziaria. Dalla piazza al fiume. Lo hanno ammesso gli stessi militari durante gli interrogatori: “E’ vero, capitava che li punissimo così, ma Abderrahman Sahli non lo abbiamo ammazzato noi”.
La relazione del medico legale Massimo Montisci dà, in parte, ragione ai carabinieri: la data della morte non coincide con il 15 maggio e quindi non sono stati loro ad ammazzarlo. Forse Abderrahman quella notte è riuscito a salvarsi dalle acque, salvo poi ricaderci da solo qualche giorno dopo. Ma le gravi accuse a carico dei carabinieri restano: sequestro di persona, violenza privata, omissione di atti d’ufficio, attribuiti a vario titolo all’appuntato scelto Daniele Berton, 43 anni, e ai colleghi Angelo Canazza, 42 anni, Giovanni Viola, 31, e il maresciallo capo Claudio Segata, 44. La procura di Padova ha chiuso le indagini a loro carico, atto che precede la formalizzazione della richiesta di rinvio a giudizio, e attribuisce loro almeno sei ‘tuffi’ denunciati da altri stranieri. I primi risalgono all’estate 2010 quando in due occasioni il maresciallo Segata e il carabiniere Viola avevano preso con loro Abdelilah Achaari, detto “ Il Monaco”. “Colto in stato di manifesta ubriachezza, lo privavano della libertà personale” , e lo hanno portato sul Frassine, senza passare dalla caserma. Lì “con violenza fisica e minaccia consistita” lo “costringevano ad immergersi nell’acqua del fiume Frassine”.
La stessa cosa è capitata nell’estate 2010 e nel maggio 2011 a El Hassane Rahali, noto in paese con il soprannome di “Fragolino”. Anche lui era stato trovato ubriaco in centro a Montagnana e costretto al bagno fuori programma. Sorte toccata anche a Salhi nell’aprile 2011, e poi anche quel 15 maggio, quando il trattamento gli era stato imposto per l’ultima volta, prima che venisse trovato morto, anche se, stando a quanto ricostruito dalla procura, il ragazzo non sarebbe deceduto in seguito al quel tuffo. Alcuni abitanti del paese dicono infatti di averlo visto vivo aggirarsi per la zona della stazione un paio di giorni dopo. Al contrario però i suoi amici connazionali, con i quali condivideva una casa diroccata alle porte di Montagnana, sostengono di non averlo più visto dopo quel giorno. La data della morte ricostruita dall’esame autoptico scagiona però i carabinieri dall’accusa di omicidio colposo. Restano le altre gravi accuse emerse durante gli interrogatori. E formalizzate nei capi d’imputazione spediti agli avvocati difensori, che ora potranno presentare la loro memoria difensiva.