Lo studio cui ha fatto riferimento il superministro allo sviluppo durante la Mobility conference di Milano, è quello commissionato dall’ente per il volo a Nomisma, One Works e Kpmg. Una ricerca programmatica, tarata sulle esigenze e sulle ipotesi di sviluppo competitivo del sistema aeroportuale italiano. Presto, molto presto, ha spiegato Passera, il risultato del lavoro verrà proposto dall’Enac al ministero dei trasporti e potrà diventare la base per la redazione del piano nazionale degli aeroporti italiani.
Le prime anticipazioni della ricerca iniziata tre anni fa parlano chiaro: Rimini, Forlì e Parma fanno parte dei cosiddetti scali sussidiari e, in quanto tali, non indispensabili alla prossima riorganizzazione del sistema nazionale. Questo tipo di aeroporti, che serve un basso numero di passeggeri e vive di finanziamenti pubblici, rischia di essere ridimensionato o chiuso. Lo Stato potrebbe infatti abbandonarli al loro destino negli investimenti diretti o indiretti.
Gli altri due gradini a salire nella classifica che fa tremare lavoratori e dirigenti degli aeroporti emiliano romagnoli, sono quelli di scalo primario (indispensabili per il proprio bacino territoriale e non a rischio chiusura) e soprattutto di scalo strategico: Bologna dovrebbe rientrare in questo primo gradino del podio insieme ad altri 13 aeroporti italiani. Il Marconi potrà così mantenere la sua “vocazione internazionale”: tradotto significa investimenti e attenzioni dello Stato, che gli hub cugini in regione non avranno più.
Corrado Passera è stato esplicito: bisogna “dare a breve una risposta alla numerosità non pensata degli aeroporti italiani. Un singolo scalo – ha detto l’ex numero uno di Banca Intesa – non va valutato in quanto tale, ma alla luce del contesto regionale e territoriale”.
L’accelerazione del ministro è comunque solo l’ultima tappa di una corsa verso il baratro delle piccole aerostazioni emiliano romagnole. È soprattutto Forlì quella a essere più a rischio: a dire il vero questo capitava ben prima che Passera e il suo governo entrassero in carica. Una situazione di crisi, quella del Ridolfi, partita soprattutto con fine dei voli della compagnia a basso costo Ryanair, che tre anni e mezzo fa abbandonò la Romagna per Bologna. Mors tua vita mea: Bologna è schizzata a quota 6 milioni di passeggeri l’anno, Forlì nel baratro, con appena 350 mila.
Nelle ultime settimane inoltre il dramma dell’aeroporto di Forlì ha toccato quasi i toni del grottesco, con la società che gestisce il Ridolfi, la Seaf, disposta a implorare aiuto proprio al suo “aguzzino”, l’aeroporto di Bologna. Tutto per evitare la liquidazione di un’azienda diventata da qualche anno una macchina mangia-soldi. Fallita l’ipotesi che sembrava a un passo di fusione con l’azienda che gestisce Rimini, circa mezzo milione di passeggeri e tanti debiti ora, la ‘pazza idea’ di Passera potrebbe togliere a tutti il pensiero. Meno, naturalmente, le persone che nei tre piccoli aeroporti emiliano romagnoli lavorano.