Il 2 febbraio Gianluca Pini (Lega), il firmatario dell’emendamento sulla responsabilità civile diretta dei magistrati, ha dichiarato in aula alla Camera, dove l’assemblea doveva votare il provvedimento, che “il 24 settembre 2011 la Corte (di giustizia UE, ndr) , come era logico, perché era palese, si è espressa con una sentenza di condanna” nei confronti dell’Italia “perché è uno dei pochissimi Stati del mondo occidentale che non permette ad un cittadino che ha subito un’ingiustizia o un danno da parte della magistratura di ricorrere contro questi signori, che in maniera più o meno volontaria, gli hanno arrecato questo danno. (…)”. Ma non è così.

Non esistono sentenze della Corte UE sull’Italia il 24 settembre 2011 mentre la sentenza della Corte UE 13 giugno 2006 N. 49/2006, la cosiddetta Sentenza “Traghetti del Mediterraneo”, cui molti deputati hanno fatto riferimento nel dibattito, conferma “che uno Stato membro è responsabile dei danni causati ad un singolo da una violazione manifesta del diritto comunitario imputabile ad un giudice supremo”.

Nelle conclusioni, la Corte chiarisce che, per adeguarsi al diritto comunitario, la legge italiana deve essere integrata prevedendo che il cittadino possa chiedere allo Stato il risarcimento anche quando la sentenza definitiva sia frutto di errata interpretazione delle norme giuridiche europee o da una valutazione dei fatti e delle prove operata nell’ultimo grado di giudizio o da una violazione manifesta del diritto vigente. Allo Stato, non ai singoli magistrati.

Ma c’è un’altra sentenza della Corte di Giustizia UE, la C.379-10 del 24 novembre 2011. Forse a questa si riferiva Pini ed anche il deputato radicale Maurizio Turco, che in Aula ha affermato: “(…) Ministro Moavero è vero o no che la Commissione europea ha adito la Corte europea di giustizia sulla legge Vassalli perché contraria alla normativa europea? (…) stiamo parlando di responsabilità civile dei magistrati con riferimento alla quale la legge italiana è contraria al diritto comunitario”.

Tuttavia tale sentenza – che pure ha condannato l’Italia – parla solo della “responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell’Unione da parte di un loro organo giurisdizionale di ultimo grado” e censura “l’esclusione di qualsiasi responsabilità dello Stato per interpretazione delle norme di diritto o per valutazione di fatti e prove da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado – Limitazione, da parte del legislatore nazionale, della responsabilità dello Stato ai casi di dolo o colpa grave dell’organo giurisdizionale medesimo”. Leggendone le conclusioni è chiaro che il riferimento alla responsabilità civile dei magistrati viene fatto soltanto perché presente nel titolo della legge italiana oggetto di censura.

Quindi la Corte UE non ha mai chiesto che l’Italia preveda che il cittadino possa rivalersi direttamente nei confronti di un magistrato che per qualsiasi ragione abbia sbagliato nell’esercizio delle sue funzioni, e la legge italiana che ha indotto la Commissione UE a portare in giudizio il nostro paese – è effettivamente contraria al diritto UE, ma per tutti altri aspetti da quelli immaginati da Pini (e Turco, e purtroppo tutta una serie di giornalisti e pure operatori del diritto…).

Quanto alla verifica se negli altri Paesi occidentali sia permesso, come dice Pini, “ad un cittadino che ha subito un’ingiustizia o un danno da parte della magistratura di ricorrere contro questi signori”, già (pochi) altri hanno evidenziato che Francia e Paesi Bassi e Germania non prevedono questa possibilità per gli atti connessi all’esercizio delle funzioni e che in Spagna, in caso di dolo o colpa grave si può chiedere il risarcimento ad un magistrato ma solo dopo che un’apposita corte ha accertato la dolosità del comportamento.

In Gran Bretagna c’è la totale immunità, come negli altri paesi di Common law, fra cui gli Stati Uniti. Immunità in Giappone (dove la Corte Suprema ha ampi poteri anche sugli avvocati) e in Israele – dove per i reclami contro la magistratura esiste un Garante soggetto soltanto alla legge – si ritiene che il principio dell’indipendenza della magistratura sarebbe scalfito da una norma che consentisse di chiedere i danni direttamente ad un magistrato.

Anche la raccomandazione n. 12 del 17 novembre 2010, adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa (meritevole di lettura) ha stabilito che “VII-70. I giudici non devono essere personalmente responsabili se una decisione è riformata in tutto o in parte a seguito di impugnazione” e solo “Al di fuori dell’esercizio delle funzioni giudiziarie, i giudici rispondono in sede civile, penale e amministrativa come qualsiasi altro cittadino” (VII-71).

Pertanto proprio l’approvazione definitiva dell’emendamento Pini sulla responsabilità diretta dei magistrati porrebbe l’Italia fuori dal contesto di tutti gli altri Stati occidentali che ritengono un vulnus all’indipendenza della magistratura (e quindi ai diritti dei cittadini) la possibilità di chiedere un risarcimento ai magistrati.

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