Supplenti scelti direttamente dalle scuole, senza graduatorie. A questo mira il disegno di legge targato Roberto Formigoni che va in discussione al consiglio regionale della Lombardia. Un provvedimento che sconvolgerebbe il sistema di reclutamento degli insegnanti: si prevede che ogni scuola, ogni anno, indica un concorso per coprire le cattedre vuote. Il concorso prevede che l’aspirante supplente “conosca e condivida il progetto” della scuola stessa. Per certi versi non è una novità: negli istituti sperimentali, infatti, i presidi avevano la possibilità di scegliersi i docenti. Uno di questi, Antonio Valentino, se lo ricorda bene: “I progetti sperimentali di alcune scuole, prevedevano il dispositivo tecnico del “comando”, che permetteva all’Istituto di “selezionare” i docenti di ruolo di altre scuole, interessati a insegnarvi, a domanda, sui posti ‘vacanti’. Il suo senso era quello di garantire alle scuole sperimentali autonomia didattica e organizzativa – molto prima dell’era Berlinguer – anche attraverso la possibilità di “scegliersi” gli insegnanti (almeno, come si è detto, per le cattedre scoperte).

L’incarico era dato formalmente dal preside, su proposta di un Comitato, scelto dal Collegio Docenti e che operava sulla base di alcuni criteri (titoli, pubblicazioni, informazioni dalla scuola di provenienza, adesione al progetto sperimentale, inteso come impianto strutturale). “Pensando anche alle mie esperienze professionali – prosegue Valentino – e ai “caroselli” dell’ultimo trentennio, mi vado chiedendo se tale scalpore sia da condividere e in che misura; e se crea più scandalo la proposta di Formigoni o non, piuttosto, il fatto che del problema del reclutamento parliamo da una vita senza venirne a capo (e non solo del reclutamento, tra l’altro). Mi domando, in altri termini, se la cosa preoccupante e scandalosa non sia oggi piuttosto l’immobilismo del nostro sistema, che genera disuguaglianze, che non lavora per il futuro dei suoi giovani, e perpetua una scuola frantumata, autoreferenziale, accademica. Quest’ultima considerazione porterebbe a dare ragione a – o almeno a capire – Formigoni. Anche perché, di primo acchitto, sembrano condivisibili i ragionamenti sui “vantaggi” di cui parlano i “favorevoli” alla proposta: favorire –almeno in astratto – la costruzione di una coesione interna, di una identità culturale degli Istituti, di una realizzazione del POF più convinta. Con conseguenze positive sul clima interno e della qualità complessiva dell’attività didattica”.

Nonostante questo anche lo stesso Valentino contesta la proposta di Formigoni. Innanzitutto sui tempi previsti per il varo della legge: “Sui “tempi” dell’operazione – osserva il preside – Neanche Speedy Gonzales ce la farebbe: il disegno di legge ha il razzo incorporato. E’ stato comunicato che verrà approvato l’8 febbraio; praticamente prima della scrittura. Spavalderia? Arroganza? Pressappochismo? Mancanza di rispetto per la gente di scuola e per il mondo della scuola in generale? Per lo stesso Consiglio Regionale? “. Ma è sono i contenuti della proposta avanzata che preoccupano Antonio Valentino: “In che senso “conoscere” e “condividere”? E attraverso quale strumento? Attraverso colloquio (modello “Sperimentazioni autonome”) o per semplice dichiarazione? E gestito come? Ma gli interrogativi che pone il comma riguardano soprattutto i riferimenti al “ progetto”. E preludono al ragionamento sul rischio più grosso – quello di una sorta di progressiva privatizzazione della scuola statale – che mi sembra si voglia ulteriormente tentare con questa operazione. Oggi come oggi, infatti, pensare (come presuppone il disegno di legge) che si voglia andare ad insegnare in una scuola perché questa ha un “suo” progetto che si vuol condividere, è quanto meno azzardato, almeno nella stragrande maggioranza dei casi. D’altra parte, l’operazione precedente della giunta lombarda, con la “Dote Scuola”, era essa stessa tassello di un mosaico di ridisegno del sistema istruzione lombardo, in cui quello che conta è la scelta delle famiglie e una identità di istituto non culturale e progettuale in senso laico, ma ideologica (in ogni caso contraria ad una scuola per tutti e per ciascuno, per dirla con uno slogan). Da qui l’enfasi che se ne deduce sul senso di appartenenza, che, alimentato in modo abnorme, genera chiusure, arroccamenti e contrapposizioni”. Contro il disegno di legge ha già preso posizione la Flc Cgil Lombardia che definisce l’intervento un “atto arrogante. Secessionista e incostituzionale”. La stessa organizzazione sindacale ha chiesto che il disegno di legge venga ritirato.

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