Miguel Gotor descrive lucidamente la caduta di consenso del governo sul tema dei giovani: ex ‘bamboccioni’, ‘sfigati’ e ‘mammoni’. Il paese è cambiato trent’anni fa, ma i tecnocrati non sembrano averlo notato: già negli anni ’80 diverse analisi empiriche (ad es. Creazione e distruzione di posti-lavoro in Italia, 1984-89, Temi di discussione, Banca d’Italia – B.Contini, A.Gavosto, R.Revelli, P.Sestito) dimostravano che la mobilità del lavoro in Italia aveva superato quella degli altri paesi europei.
Ma i ripetuti inciampi comunicativi dei tecnici al governo non sono casuali, e non dipendono soltanto da una certa distanza “di classe” (niente di male, per carità), bensì anche dalle priorità e da un’ideologia.
Se, infatti, la crisi (la disoccupazione) non dipende dalla caduta della domanda globale (= spesa privata: consumi, investimenti, ecc.) registratasi fra il settembre 2008 e il marzo 2009; crollo alimentato successivamente dalla caduta dei redditi (PIL), dall’incertezza economica (precariato, disoccupazione), dagli spread, dalle manovre di austerità, e perciò dall’ulteriore aumento dei risparmi precauzionali… Se la crisi non dipende dalla difficoltà di vendere il prodotto, bensì dalla difficoltà di produrre, dai problemi dell’offerta… Se è nata alla fine del 2008 da un improvviso e perdurante calo della disponibilità dei giovani a ‘muoversi’; da un’impennata dei privilegi di farmacisti e tassisti; da un calo d’efficienza della rete Snam causata dalle manovre anticompetitive dell’ENI; da un aumento della corruzione e dell’inefficienza del settore pubblico; ecc.. Allora si capisce l’urgenza del governo di promuovere riforme strutturali, e di comunicarne le ragioni.
Se invece la recessione è dal lato della domanda, allora vuol dire che il governo ha le priorità del 2007! (Niente di male, per carità). Contro la crisi? Solo vecchi stereotipi. Perché la disoccupazione aumenta? Forse le imprese non sanno che farsene persino degli attuali occupati? Macché! Le imprese vorrebbero assumere, ma hanno paura … dei giovani; notoriamente un po’ pigri e viziati, se poi – grazie all’art.18 dello Statuto dei Lavoratori (che dice tutt’altro) – non se ne vanno più, che si fa, eh?! La comunicazione del governo è coerente con le sue politiche, e con le sue analisi attempate.
Gentili lettori, a questo punto non vorrete mica mettere in discussione un Governo che finalmente non attacca la Costituzione, non ruba, non fa leggi ad personam, non manda fallito lo Stato, e si occupa pure di colpire le rendite? La lotta agli oligopoli non è sempre stata un obiettivo anche della sinistra (oltre che delle destre moderne e liberali)? E allora che volete di più?