Il sole vale lo 0,6% del fabbisogno energetico nazionale. Almeno così era nel 2010, stando ai dati del Gse. Forse siamo arrivati allo 0,8 nel 2011, ma vogliamo essere ottimisti: fingiamo che il solare costituisca l’1% del mix di energie che oggi ci alimentano. E’ superfluo sottolineare che questa orgogliosa autarchia energetica non abbia fatto calare le bollette. Il fotovoltaico appare sempre di più per quello che è, in tutto il suo splendore: un bluff per il bene comune, una storia sbagliata per chi ne ha dettato le politiche, una gallina dalle uova d’oro per chi ha saputo e potuto approfittarne.
Epperò bisogna parlare di risparmio energetico: chi sa spiegare cosa sia, di fatto, questo fantomatico risparmio? Uno slancio di responsabilità collettiva o solamente un gesto di attenzione straordinaria alla propria bolletta? Io, a torto, ho sempre creduto che fosse entrambe le cose. Solo che mentre noi vispi cittadini siamo riusciti a far calare i consumi domestici dello 0,5%, il fabbisogno nazionale rispetto al 2009 è aumentato del 3% (un incremento che per di più è mutilato dalla crisi). Sfiga, eh? E quali problemi abbiamo risolto con lo strabiliante abuso di questa fonte rinnovabile? Se domani non esistessero più gli idrocarburi (ma grazie al sole potremmo dire “dopodomani”), noi con i nostri pannelli riusciremmo a malapena a far funzionare i trenini elettrici dei bambini, altro che Tav (è una battuta, è logico che riuscirebbero a funzionare anche le piste Polistil). Al modico prezzo di 33 milioni di metri quadri di suolo fertile, alla faccia degli oltre 2 miliardi di metri quadrati di eternit che più che produrre energia producono tumori.
“E io che credevo, e io che pensavo, e io che speravo”… eppure sono ormai 10 anni che si parla intensamente di risparmio energetico, da qualche parte si dovranno toccare con mano anche i vantaggi per la comunità, no? Per ora quel che si tocca con mano è il paradossale danno ambientale, mentre il governo ha decretato che i boschetti aziendali possono essere convertiti a loro volta in campi per le necessità degli agricoltori (i quali non vedono l’ora di avere un ettaro in più di produzioni sottopagate). Un travaso che sembra essere partorito da una fattoria orwelliana, ma che invece è realtà e riesce persino ad attirare consensi.
Intanto il ritornello nazionale non è cambiato, nemmeno dell’1%: nevica e ci si preoccupa dei rubinetti della Gazprom; e perlomeno per qualche giorno i pannelli resteranno coperti da una spessa coltre bianca.