Tempo di pagelle a scuola. E di nuovo, torna il tormentone dell’anno: “Il dieci nel primo quadrimestre non si dà”. Non ho mai ben compreso questa filosofia, ma anche quest’anno mi son trovato a “discutere” per poter applicare il Dpr 122/09 dove si stabiliva il ritorno all’uso dei numeri specificando che la valutazione degli alunni era in decimi, non in noni o ottavi. Eppure nelle scuole italiane c’è da sempre questa ritrosia a dare dieci.

“E se poi nel secondo quadrimestre questo bambino sarà peggiorato?”, mi ha risposto qualche maestra troppo attenta alla docimologia tanto da fare una notevole differenza tra un nove e un dieci. Specifico: non ho mai avuto un dieci a scuola e non sono certo fan dell’ottimo. Ma se un bambino è per me a un livello di apprendimento che definirei, se fosse possibile, “alla grande”, sono certo che non mi smentirà qualche mese più tardi. E se anche dovesse accadere, non avrò problemi a dare un nove.

Ma qual è l’obiettivo della valutazione? Serve ai bambini, soprattutto alla scuola primaria o dovrebbe essere utile a insegnanti e genitori? La valutazione dovrebbe servire al docente per capire quanto è riuscito a trasmettere passione, voglia di imparare all’allievo.

Vale la pena ricordare la filosofia della scuola di Barbiana di don Lorenzo Milani: “Il voto è discriminante perché è ingiusto fare parti uguali tra disuguali. Il voto monopolizza l’attenzione e l’interesse degli studenti, facendoli studiare solo per la valutazione, in una situazione di ansia e competizione”. E’ proprio così: son convinto che una scuola senza voti renderebbe tutti più liberi, genitori e ragazzi. Lo scorso anno di fronte a una mamma che si lamentava per il nove dato a una verifica, presi la biro, tracciai una “x” sul nove e diedi undici. La mamma al primo momento rimase sbigottita. Ma poi capì.

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