Il prossimo 14 febbraio 2012 la Corte Costituzionale deciderà in merito alla costituzionalità della norma (art. 2, comma 61°, della Legge 10/2011, di conversione del D .L. 29 dicembre 2010, n. 225) con cui il precedente Governo Berlusconi-Tremonti, decideva di cancellare con un “colpo di spugna” gli effetti della sentenza n. 24418, emessa dalle Sezioni Unite di Cassazione il 2 dicembre 2010 sull’anatocismo (capitalizzazione trimestrale dell’interesse), che riconosceva al correntista debitore il diritto di recupero, dalla data di inizio del rapporto e sino alla chiusura, di tutti gli indebiti pagamenti ricevuti dalla banca con gli addebiti trimestrali di illecite competenze, ciò a conferma di un inossidabile indirizzo della Suprema Corte.
Nell’udienza pubblica, che vede come relatore il Magistrato Alessandro Criscuolo, già Presidente della Prima Sezione Civile della Cassazione, le maggiori banche come Montepaschi, Unicredit, BNL, Antonveneta, Intesa San Paolo, Banco di Napoli e Banco di Sicilia, hanno schierato una pletora di avvocati e professori, oltre all’avvocatura dello Stato, contro i consumatori correntisti, difesi gratuitamente dall’Adusbef che, dopo aver ottenuto migliaia di sentenze a favore dei cittadini (compresa quella dinanzi alle S.U. sulla quale il governo è intervenuto), aveva eccepito ed ottenuto numerose ordinanze d’incostituzionalità del decreto da parte dei più sensibili giudici italiani.
E’ l’ennesima battaglia a mani nude del Davide contro Golia (le banche), non tanto per ottenere i rimborsi degli interessi anatocistici, in massima parte già ridotti dal “Decreto D’Alema Salvabanche 1” (art. 25 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n.342) che ha legalizzato la trimestralizzazione degli interessi a decorrere dall’aprile del 2000, ma per tutelare i diritti del popolo italiano che nessun governo dovrebbe intaccare. Già nella primavera del 1999, tre sentenze della Cassazione resero illecite le pratiche bancarie di capitalizzazione composta trimestrale (anatocismo), ed il Governo cercò di “sanare” l’illecita capitalizzazione per il passato e di “legalizzarla” per il futuro.
In quell’occasione la Corte Costituzionale (con la sentenza n. 425 del 17 ottobre 2000) evitò la sanatoria delle competenze illecite addebitate ai correntisti, salvando il diritto dei correntisti da quell’evidente mercimonio. Tuttavia, ciò non ha impedito, che con quel decreto “Salvabanche 1” fosse legalizzata, dall’aprile del 2000, l’usuraria pratica anatocistica: ecco perché le somme di cui ora si discute sono certamente risibili.
Dopo dieci anni, la storia si ripete, ma con un governo di destra. Andremo alla prossima udienza con la serenità di chi si batte per le cause dei giusti, per continuare a tutelare i diritti e la legalità annichiliti da ragion di Stato e di governi filobancari che continuano ad addossare ai cittadini, alle famiglie ed alla povera gente, sempre più strozzata dalle banche, guasti e costi della crisi provocata da quegli stessi banchieri che anche dagli scranni del governo sfornano amare ricette per cercare di risolverla, sempre a danno dei soliti noti.
L’argent est le nerf de la guerre: e di denaro le banche ne hanno proprio tanto, preso dalle tasche dei correntisti e dall’Europa. In Italia, da troppo tempo, il “diritto bancario” si identifica nel “diritto delle banche”. Il problema, ovviamente, non sono certo i Magistrati, anche se nelle loro fila non mancano numerosi filobancari: ma sono gli interessati politici sia di sinistra che di destra!