Delle questioni di genere non si deve mai smettere di parlare. Il problema delle violenze (ogni tipo di violenza) contro le donne è questione culturale, non mi stancherò mai di ripeterlo. Si deve sempre parlare, scrivere, leggere e confrontarsi, altrimenti i guasti antropologici esistenti verranno –- come tante cose italiane – semplicemente nascosti sotto il tappeto del ‘benaltrismo’, suscitando la reazione del fare spallucce.

Avevo già anticipato, qualche post fa, di un corso indetto per tutti gli avvocati che intendessero specializzarsi nella tutela delle donne vittime di violenze. Oggi parliamo delle altre iniziative intraprese da alcuni Comitati per le Pari Opportunità (CPO) in seno ai Consigli degli Ordini degli Avvocati.

Nella mia piccola provincia (l’Irpinia), il Comitato Pari Opportunità del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati ha da tempo intrapreso un percorso virtuosissimo in merito all‘eliminazione di quegli ostacoli (organizzativi e culturali e non normativi, per quanto la norma rimane frammentaria e dispersa) che aiutino fattualmente le donne nell’impegnativa professione forense.
Ho incontrato alcune esponenti del locale CPO, le quali mi hanno trasmesso tutto il loro entusiasmo, oltre a copiosa documentazione (molta è linkabile al loro sito). Hanno fatto molto (accordi, convenzioni, protocolli d’intesa, monitoraggi, convegni, seminari) e molto stanno ancora attivando. In Italia, per esempio, pare che ci siano solo quattro accordi, stipulati tra i CPO dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati e Tribunali e Procure, per aiutare le avvocatesse in puerperio e maternità: Milano, Pistoia, Lamezia ed Avellino (nord, centro e ben due al sud. Benvenuti al sud!).

Il titolo dell’accordo irpino recita: “Protocollo d’intesa sul legittimo impedimento”. In pratica, si tratta di sostenere la genitorialità delle avvocatesse attraverso la richiesta di rinvio di un’udienza per motivi medici. C’è un opuscolo con tanto di modulistica. Fantastico. Ecco un legittimo impedimento che mi piace.
Le avvocatesse del CPO, per esempio, si sono impegnate per stipulare convenzioni con strutture di accoglienza dei figli minori nel periodo estivo, ovvero hanno stipulato un accordo con il Presidente del Tribunale di Avellino – si chiamano azioni positive – per assicurare la precedenza in udienze o in cancelleria alle donne in maternità, puerperio e allettamento.

Al di là della viva e vibrante indignazione sullo sfascio del mercato del lavoro, le donne vanno aiutate con fatti. Ecco perchè l’attività della squadra  –  sono una squadra solidale e attiva – delle avvocatesse prosegue con altre proposte: ripetere il monitoraggio delle donne impegnate nell’attività forense, per esempio. La loro esperienza ha indicato che moltissime sono le donne impegnate in questo ambito, ma pochissime risultano titolari di studio legale. I motivi sono diversi, ma per lo più è un problema culturale: nonostante la grande affidabilità operativa e logistica delle donne avvocato, è pregiudizio diffuso che un uomo in udienza sappia farsi valere di più. Ovviamente, esempi di donne avvocati eccelsi ne esistono davvero tanti in tutta l’Italia, ma si tende ad evidenziare sempre il luogo comune sessista, purtroppo. L’esiguo numero della titolarità femminile degli studi legali ne è ampia prova.

C’è anche da accrescere la presenza delle avvocatesse nel  Consiglio dell’Ordine aumentando il numero delle candidate (non si può opporre un orgoglioso rifiuto al sistema delle ‘quote rosa’. Per quanto fondamentalmente sbagliate, è l’unica cosa che funziona), come pure ritentare con l’istituzione di un asilo-nido aziendale nel Palazzo di Giustizia. O, ancora, disciplinare con fondi ad hoc (art. 9 comma 3 della legge 53/200) il sistema delle sostituzioni in udienza: adesso è solo uno scambio di cortesia tra avvocati (il cd. intervento di conciliazione), ma potrebbe essere adeguatamente finanziato. Istituire uno sportello rosa è più difficile, anche perchè è obbligatorio coinvolgere più soggetti territoriali che attualmente soffrono di scarsità di fondi. Ma ciò che davvero diventa vitale è la comunicazione, il condividere l’informazione (ma anche la competenza e la conoscenza) su ciò che non funziona, ma anche su ciò che invece – come ad Avellino, Milano, Lamezia, Pistoia – funziona.

Potrei aver dimenticato qualche altra iniziativa simile attivata nei Tribunali di altre province. Me ne scuso ed invito i CPO dei Consigli locali a segnalare tutte le azioni positive intraprese, ovvero a seguire l’esempio tracciato.

Marika Borrelli

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