L'intesa verrà trovata mercoledì prossimo se ci sarà accordo su due punti chiave: l'haircut sui titolo e un nuovo piano di austerity. Nel frattempo avanza un'ipotesi: trasferire i 130 miliardi non direttamente nelle casse di Atene bensì in un fondo ad hoc sotto il controllo dell'Europa
“L’Eurogruppo non ha gli elementi necessari per sbloccare gli aiuti alla Grecia oggi”. Arriva in tarda serata la scontata sentenza del presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker, reduce da quasi cinque ore di riunione dedicate all’emergenza ellenica. La Grecia sta indubbiamente facendo importanti passi in avanti, ma le garanzie offerte all’Europa non sono sufficienti. L’Ue non si fida e pretende prove concrete prima di avviare il suo imponente piano di salvataggio da 130 miliardi di euro. Tutto rimandato a mercoledì prossimo, dunque, come si era capito già nel pomeriggio quando, a pochi minuti dall’inizio dell’incontro, il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble aveva preannunciato ai giornalisti il previsto nulla di fatto. Nel corso del vertice straordinario in programma tra sei giorni potrebbe comunque arrivare l’atteso via libera. A patto, ovviamente, che vi sia una piena intesa su un paio di elementi chiave.
Il primo è ovviamente l’haircut sui titoli, da approvare al più presto per tagliare in un colpo solo 100 miliardi di euro di debito riconducendo quest’ultimo a quota 120 per cento del Pil. L’intesa con i creditori privati non è ancora ufficiale, ma ormai si parla di un accordo quasi scontato. Dettagli a parte, l’operazione dovrebbe risolversi con una perdita secca del 70 per cento sulle obbligazioni in mano alle banche ma quasi certamente la Bce non si sobbarcherà alcun concambio. I bond greci in mano alla Bce, insomma, conserveranno il loro valore nominale impedendo quindi all’istituto centrale di accettare una perdita che, come ha ricordato oggi Mario Draghi da Francoforte, costituirebbe una violazione delle regole europee.
Le pressioni in senso contrario (tanto dal Fmi quanto dagli stessi privati) non sono mancate, ma forse una soluzione è stata implicitamente trovata dalla decisione della stessa Bce di proseguire con il suo piano di maxi prestiti alle banche. Un vero e proprio quantitative easing sui generis, quello già avviato di recente e pronto ora a concedere la replica. Una pioggia di liquidità ad un tasso di favore (l’1 per cento) pronta a inondare le banche del Continente rendendo loro conveniente l’acquisto di titoli sovrani tuttora deprezzati. Fino ad ora lo schema sta funzionando (come evidenzia sul fronte italiano il deciso calo dello spread Btp/Bund) garantendo agli istituti una plusvalenza importante che potrebbe, in definitiva, compensare le perdite sull’esposizione greca. In sintesi: la Bce non si fa carico di alcune perdita su Atene, ma viene in soccorso delle banche dando loro l’ossigeno necessario. Lo scambio, quindi, dovrebbe funzionare.
Il secondo elemento al centro dell’attenzione è ovviamente il piano di austerity. Ieri la Grecia ha trovato l’accordo politico sulle nuove misure di tagli imposti dall’Ue. Il nodo delle pensioni, che aveva inizialmente bloccato la discussione tra i leader dei tre maggiori partiti del Paese, è stato risolto. I tagli riguarderanno diversi comparti, per un totale di 3,3 miliardi di euro. Tutto bene, insomma, se non mancassero ancora all’appello 300 milioni da far saltare fuori al più presto, ovvero entro mercoledì, da ulteriori riduzioni di spesa. La convinzione generale è che alla fine i soldi si troveranno e che il Parlamento di Atene approverà il piano.
La questione di fondo emersa ieri è però un’altra. Ovvero che al di là di qualsiasi provocazione tedesca (giudicata eccessiva da molti) la Grecia risulta ormai di fatto commissariata. Le promesse, le dichiarazioni di intenti e persino i programmi messi nero su bianco ormai non bastano più. “Nessun esborso prima che il programma sia attuato” ha dichiarato Jean-Claude Juncker nel corso della conferenza stampa. Come a dire nessun intervento se non in condizioni di assoluta certezza. Da qui l’ipotesi avanzata nei giorni scorsi da Francia e Germania e ad oggi ancora allo studio dell’Ue. In pratica si tratterebbe di trasferire i famosi 130 miliardi non direttamente nelle casse di Atene bensì in un fondo ad hoc sotto il controllo dell’Europa. Per primi, verrebbero sbloccati i 14,5 miliardi utili a pagare i bond in scadenza il prossimo 20 marzo evitando di conseguenza la bancarotta greca. Tutto il resto sarebbe erogato progressivamente al governo ellenico ma solo dietro l’implementazione di misure concrete. Di fatto una vera e propria amministrazione controllata.