Non ci si lasci ingannare dal titolo, “Capitani coraggiosi”. Il libro di Gianni Dragoni, inviato del Sole 24 Ore, non racchiude nessuno dei valori che a fine Ottocento Rudyard Kipling raccontava nell’omonimo romanzo in cui descriveva ragazzini spocchiosi che si trasformavano in uomini consapevoli. In queste pagine, edite da Chiarelettere, l’unica consapevolezza è che il capitalismo italiano, sotto indagine nel volume che si concentra sulla vicenda Alitalia del 2008, è un luogo in cui “prevale la legge del più forte e del più furbo”, dice l’autore.

Inoltre, a scorrere l’indice, l’impressione è che il ritratto non riguardi l’epoca contemporanea. Ma il libro sembra richiamare più scenari da Medioevo, storie di corporazioni di “signori delle costruzioni” (Salvatore Ligresti e Carlo Toto), “signori delle banche e della finanza” (Intesa San Paolo e Bruno Ermolli), “signori dell’industria (Roberto Colaninno, Rocco Sabelli, Emma Marcegaglia, Emilio Riva), “signori dei pedaggi” (Marcellino Gavio e famiglia Benetton) e “signori delle cliniche” (gli Angelucci).

Insomma, i “capitani coraggiosi” raccontati da Dragoni, protagonisti della cordata italiana per la conquista delle spoglie dell’Alitalia nel 2008, “sono per lo più finanzieri e imprenditori di area berlusconiana che mantengono innesti con la sinistra. Mi riferisco in particolare Colaninno, il capocordata, già protagonista della scalata a debito a Telecom Italia del 1999, durante il governo di Massimo D’Alema, e pronto a balzare sul palco Alitalia quando presidente del consiglio era Silvio Berlusconi”.

Chi sono gli altri?

“Abbiamo comprimari dell’operazione come Banca Intesa e Corrado Passera, attuale ministro dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti. Oppure c’è Giovanni Bazoli, presidente del Nuovo Banco Ambrosiano nell’era post Roberto Calvi, che nell’affaire Alitalia ha avuto una posizione più defilata e qualcuno disse anche che fosse contrario. Però non si sia mai messo di traverso. Passera, invece, prima si era schierato insieme ad AirOne per tentare – invano a causa dell’elevato livello di indebitamento – di comprare Alitalia. Quando poi si è trattato di fare la cordata italiana, Banca Intesa ha subito aderito all’appello berlusconiano e Passera è stato in prima linea contro l’offerta di acquisto formulata da Air France. Inoltre ha fornito la consulenza al governo per la vendita della compagnia di bandiera e in parallelo ha messo a disposizione un investimento di 100 milioni di euro alla cordata italiana, in pieno conflitto di interessi”.

Uno dei “signori” citati, Salvatore Ligresti, ora potrebbe avere un nuovo peso rilevante nell’economia italiana attraverso l’avvicinamento all’emiliana Unipol. Di che operazione si tratta?

“Partendo con qualche dato storico, quello di Ligresti è stato uno dei primi nomi che Berlusconi ha fatto per la cordata. Già sodale di Bettino Craxi (e per la proprietà transitiva anche dell’ex premier), è un immobiliarista e finanziere chiamato ‘mister 5%‘ perché, oltre all’attività nel cemento, ha accumulato pacchetti preziosi per quanto piccoli (il 5%, appunto, se non inferiori) di società come Rcs o Mediobanca. Pacchetti che gli hanno dato sempre la forza di essere al centro degli affari e del potere. Questo ha contribuito a salvarlo nei momenti di maggior difficoltà, in particolare l’anno scorso quando il suo gruppo, super indebitato con Mediobanca e con Unicredit (azionista principale di Mediobanca), ha beneficiato di un intervento nel capitale proprio da Unicredit, che ha pagato la sua partecipazione nella Fondiaria-Sai di Ligresti a condizioni non di mercato, ma a un prezzo molto superiore. Questo non è stato sufficiente a salvare Ligresti e adesso c’è in corso un nuovo piano di salvataggio. Prescelta per l’intervento è la compagnia delle coop rosse Unipol di Bologna. Ancora non è finita, ma anche stavolta direi che l’aspetto di questa operazione è di essere al di fuori delle logiche di mercato”.

Restando in zona, tra i capitani coraggiosi ce ne sono altri che hanno a che fare con il territorio emiliano-romagnolo, i Marcegaglia.

“Il loro quartier generale è a Mantova e importanti sono le attività in Emilia Romagna, in particolare nell’area di Ravenna. Sono una multinazionale nella lavorazione e nella trasformazione dell’acciaio, oltre che essere presenti nel settore dell’energia. Inoltre miss Confindustria è Emma Marcegaglia e, nonostante predichi il verbo della legalità, il gruppo a cui appartiene la sua famiglia è conosciuto anche per traversie giudiziarie. Intanto c’è stato un patteggiamento per una vicenda di corruzione di Antonio Marcegaglia, fratello di Emma e amministratore del gruppo. Era il 2008 e si trattava di una tangente di oltre un milione di euro pagata a un dirigente dell’Eni per un appalto da più di 120 milioni. Poi sono stati scoperti, in un’altra indagine ancora aperta, presunti fondi neri in paradisi fiscali per centinaia di milioni. Infine, storia che lambisce la provincia di Ravenna, c’è un’inchiesta per smaltimento rifiuti a condizioni non regolari che tocca una discarica dalle parti di Fusignano. Dunque, nell’economia dell’Emilia Romagna, ci sono anche queste vicende”.

Infine, parafrasando altri ambiti, questi capitani coraggiosi rappresentano una forma “deviata” del capitalismo italiano o sono il capitalismo italiano?

“Il capitalismo italiano, nelle sue massime espressioni, spesso assume questa forma perché nella vicenda dei ‘capitani coraggiosi’, chiamati anche ‘patrioti‘ da Berlusconi nel 2008, compare il fior fiore dell’economia, della finanza e dell’industria nazionale. Per esempio oggi Colaninno si è riciclato con l’acquisto della Piaggio dopo la vicenda Telecom e Chicco Gnutti, suo sodale nella scalata alla compagnia telefonica attraverso la società lussemburghese Bell (e anche nella correlata maxi evasione fiscale, con 2 miliardi di euro di guadagno che si pretendeva non fosse tassato e che si è conclusa con un’imposta inferiore al 12% grazie anche all’assistenza dello studio di Gulio Tremonti). Abbiamo Banca Intesa che si è mossa sotto la guida di Passera in un’alternanza di alleanze politiche: prima si è schierata sulla sponda dell’Ulivo e di Romano Prodi diventando in seguito filo-berlusconiana. Adesso, forse anche con il consenso del Cavaliere, Passera è diventato super ministro del governo Monti. Abbiamo poi i Benetton e i Gavio, signori delle autostrade, gli Angelucci con il ruolo di peso che hanno nel mondo della sanità per esempio. Tutte queste sono figure importanti nel nostro capitalismo. Dunque non si può che fare un’affermazione: il capitalismo è soprattutto questo. Non deviazioni, ma un far west”.

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