Rocco Aquino

Stava nella sua casa di Gioiosa Ionica. Meglio in un bunker scavato nel sottotetto. E ci stava dal 13 luglio 2010, giorno in cui scattò l’operazione Crimine. Rocco Aquino però da quel blitz era riuscito a fuggire. Le manette per lui sono scattate nel primo pomeriggio di oggi grazie al lavoro dei Ros e del Nucleo provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria coordinati dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri.

I “compari” lo hanno sempre chiamato ‘u Colonnello. Classe ’60, il nome di Rocco Aquino fino a poche ore fa stava annotato nella lista dei cento latitanti più pericolosi. Un dato importante, ma certo non decisivo per comprendere la caratura criminale del boss. Per farlo, infatti, bisogna scorrere le migliaia di pagine dell’inchiesta Crimine. Qui i magistrati, prima di tutto, gli affidano il ruolo di capo della locale di Gioiosa Ionica. Il comune, nel 2011, finisce al centro di un’inchiesta in cui si racconta d’infiltrazioni mafiose nella politica. In questo caso la cosca di riferimento sono i Mazzaferro. Rispetto a loro gli Aquino rappresentano l’ala emergente della ‘ndrangheta locale. Se non altro perché lo stesso Rocco Aquino risulta molto vicino a Giuseppe Commisso di Siderno, numero due della mafia calabrese e secondo solo a Domenico Oppedisano. Commisso, detto ‘u Mastru, ha un ruolo di collegamento per tutto il mandamento Ionico. Annotano gli investigatori: “L’importanza del mandamento ionico è stata riscontrata non soltanto in relazione alle dinamiche della Provincia e del Crimine, ma anche e soprattutto nei rapporti con gli organismi criminali operanti nel nord Italia e all’estero”. E ancora: “Intorno alla figura del Mastro, e a strettissimo contatto con questi, si muove ed opera una sorta di “triumvirato”, composto da Carmelo Bruzzese, Giorgio De Masi e Rocco Aquino, in rappresentanza, rispettivamente, dei locali di Grotteria, Gioiosa Jonica e Marina di Gioiosa Jonica”.

E i rapporti extraterritoriali emergono chiari soprattutto nella vicenda di Carmelo Novella, il boss che voleva rendere indipendente la Lombardia dalla casa madre e che nel 2008 viene ucciso ai tavolini di un bar di San Vittore Olona. Un progetto scissionista bene riassunto dalle parole dello stesso boss defunto. “Io non ho bisogno di chiedere il parere a nessuno, nessuno, nessuno”. Anche per questo, sostiene il capo della locale di Cormano (Milano) “ Mi risulta che ‘u Mastro va cercando un incontro con Nunzio Novella per chiarire”. Chiarimenti che arriveranno sotto forma di proiettili.

A partire dall’estate del 2008  in Calabria così si decide di creare una “camera di controllo” per gestire il mandamento lombardo, lasciato senza capo della morte di Novella. Un progetto alla quale parteciperà lo stesso Rocco Aquino e che sfocerà nel summit di Paderno Dugnano nel circolo Arci Falcone Borsellino. Da quel vertice uscirà il nome di Pasquale Zappia anche lui arrestato il 13 luglio 2010.

L’arresto di oggi, dunque, dimostra “che la ‘ndrangheta non è invincibile”. Sono le parole del procuratore Nicola Gratteri. Anche perché la caratura di Aquino, oltre che dal ruolo di collegamento con la Lombardia, emerge dalla capacità di gestire il territorio di Gioiosa Ionica. E’ qui che per anni il boss controlla gli appalti tra la Anas spa e la Gioiosa Società Consortile a.r.l. Di più: ‘u Colonnello col tempo diventerà il re del ferro “imponendo agli imprenditori del settore, al di fuori di qualsiasi logica economica ed imprenditoriale, di rifornirsi di ferro necessariamente per il tramite della Nuova Edil di Aquino Giuseppe che non effettuava, in realtà, alcun reale servizio di trasporto o fornitura di merce, limitandosi esclusivamente ad interporsi tra le ferriere e le ditte costruttrici acquirenti, praticando a queste ultime un prezzo maggiorato rispetto a quello praticato direttamente dalla ferriera per la medesima prestazione”

Tutte attività, oltre a quella di membro della Provincia (organo supremo della ‘ndrangheta) fruttano al clan Aquino un tesoro immenso. Tanto che l’11 ottobre 2011, col boss latitante, i carabinieri gli sequestrano beni per sette milioni di euro. Si tratta di dieci fabbricati, nove terreni, due societa’, un’imbarcazione, sette tra auto e moto e 22 conti correnti e depositi di risparmio.

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