Da quando c’è la crisi, in Italia il gioco d’azzardo cresce in modo netto e continuo: gli ultimi dati pubblicati dai Monopoli di Stato (dicembre 2011) parlano di una crescita del 26,36% nel gennaio-novembre 2011 rispetto allo stesso periodo dell’anno prima. Nel 2010 la crescita era stata del 13,17%, nel 2009 del 12,96% e anche nel 2008 c’era stato un balzo notevole rispetto al 2007.
Da una ricerca condotta nel 2008 dal Coordinamento Nazionale Gruppi per Giocatori d’Azzardo, emerge che i giochi preferiti (primo fra tutti il Gratta e Vinci, secondo il Superenalotto) sono quelli in cui mancano le relazioni; che fra coloro che dichiarano di spendere oltre 600 euro al mese in giocate, il 23,7% ha un lavoro precario o saltuario, il 5,3% sono casalinghe, il 18,4% pensionati; che l’età di gioco è abbastanza uniforme, ma la maggioranza sono giovanissimi (10-19) o hanno più di 70 anni; che il titolo di studio più diffuso fra i giocatori è la licenza superiore (54%), seguita dalla media inferiore (21%) e dalla laurea (19%). Infine – ipotizza la ricerca – i giocatori che soffrono di problemi di dipendenza dal gioco erano oltre 1 milione nel 2008 e da allora – aggiungo io – possono solo essere aumentati.
È a persone con queste caratteristiche che si rivolge l’ultimo spot Sisal, per stimolarle a giocare se non l’avessero ancora fatto, o a farlo in modo ancora più intensivo. Parafrasando la celebre canzone di Toto Cutugno L’italiano, dice: «Vorrei una vigna per produrci il vino, io sogno un parco per il mio bambino, di un grande film sarò il produttore, voglio champagne ghiacciato a tutte le ore, darò ai miei figli un futuro splendente, della mia squadra farò il presidente, con un sistema in ricevitoria si sistema la mia compagnia. Un milione a Giulio, un milione a Maria, voglio fondare la mia scuderia, faccio una follia, ti prendo e ti porto via. Lasciatemi sognare, con la schedina in mano. Lasciatemi sognare, sono un italiano».
Per me lo spot è semplicemente triste. Molto. Perché oltre il 50% degli introiti delle giocate finiscono nelle casse dello Stato e dunque capisco bene la ragione per cui questo e altri spot simili si stiano moltiplicando: non sarà certo una protesta in rete a fermarli. Perché riconosco che è adeguato al suo target: scandalizza chi dal gioco si sente lontanissimo/a, ma rispecchia realtà e sentimenti di chi, non vedendo altre soluzioni, s’illude che solo tentando la sorte la sua vita potrebbe cambiare. E perché mi rendo conto che, per l’ennesima volta, alle donne sono riservati solo sogni che riguardano i figli («sogno un parco per il mio bambino», «darò ai miei figli un futuro splendente») e il corpo, visto che la ragazza che desidera «champagne ghiacciato a tutte le ore» se ne sta nuda e ammiccante nella vasca da bagno. Nessun lavoro, nessuna soddisfazione professionale nei sogni delle donne.
Un’Italia immobile, senza soldi e senza speranze è quella a cui si rivolge lo spot, a dispetto dell’allegria apparente. Un’Italia che ovviamente c’è.