Il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle ripercorre le tappe della sua iniziativa per smascherare l'uso privato dell'Airbus della Repubblica da parte dell'ex ministro leghista. "Amareggiato dalla decisione della Giunta, speravo in un segnale di rottura che non c'è stato"
“Da tempo in zona si vociferava di aerei di Stato che atterravano a Levaldigi – ha detto al fattoquotidiano.it – , questa volta avevo la possibilità di andare a vedere con i miei occhi e così ho fatto”. In effetti, un velivolo con la sigla Repubblica italiana era fermo in pista. “Si trattava certamente di un Airbus, perché c’era un appassionato di aeronautica che stava scattando alcune foto”. Il passo succcessivo si è rivelato più difficile: verificare chi ci fosse a bordo. “Sono andato agli uffici dell’aeroporto e ho chiesto quale fosse il motivo di quella presenza, visto che per quel giorno nel cuneese non erano previsti appuntamenti con la presenza delle quattro più alte cariche dello Stato. Adducendo motivi di privacy, nessuno ha voluto rispondere alle mie domande”. Biolè non si è arreso: usufruendo di un articolo dello statuto della Regione Piemonte, ha inoltrato a chi di competenza una domanda formale per fare chiarezza su quella presenza insolita. Ma anche le vie ufficiali non hanno avuto buon esito. “Dopo una serie di discussioni con i vertici dello scalo, dopo circa un’ora e mezza sono stato spedito al posto fisso di polizia, ma anche in questo caso l’unica cosa che mi hanno detto è che si trattava di un personaggio con alto livello di protezione. Sono rimastro ancora per un po’ di tempo e a un certo punto ho visto arrivare una serie di auto: forse erano quelle che accompagnavano il ministro, ma io Calderoli non l’ho mai visto”.
L’identità del passeggero misterioso è stata scoperta a distanza di qualche giorno, quando Biolè ha divulgato un comunicato stampa per rendere noti i particolari della vicenda e chiedere le risposte che nessuno aveva voluto dargli. “La redazione di Cuneo de La Stampa ha collegato il volo di Stato a Calderoli, che proprio in quei giorni si trovava in zona – ha raccontato Biolè -. A questo punto, l’entourage dell’allora ministro della Semplificazione ha risposto al quotidiano di Torino. Dicendo tre cose: che il ministro si trovava a Cuneo per l’incidente occorso al figlio della sua compagna; che l’aereo con cui avrebbe fatto ritorno a Roma non era un Airbus di Stato; che il ministro era arrivato all’aeroporto con mezzi propri per rientrare a Roma in tutta fretta”. Il motivo? Doveva partecipare a una seduta della Commissione parlamentare sul federalismo. “Non era vero – ha detto Biolè – Ho cercato su internet e ho scoperto che quel giorno non c’era nessuna riunione della Commissione. Fatto sta che avevo tutti gli elementi che mi servivano, li ho raccolti e ho presentato un esposto alla Procura di Cuneo”. Dopo mesi di silenzio, a gennaio la questione è diventata di dominio pubblico. I giornali hanno scritto di Calderoli indagato per truffa aggravata, la Procura di Roma ha inviato l’incartamento al Tribunale dei ministri e, storia di appena una settimana fa, la Giunta per le autorizzazioni a procedere del Senato ha respinto la richiesta. Per loro, la versione fornita dal ministro (volo legato a “comprovate e inderogabili esigenze di trasferimento connesse all’esercizio di funzioni istituzionali”) era credibile. Peccato che la Procura e le indagini in proprio del Tribunale dei ministri parlavano di “artifici e raggiri” di Calderoli ai danni dei funzionari della Presidenza del Consiglio per ottenere il volo di Stato per motivi strettamente personali”.
“Non posso negare di essere molto amareggiato da questa decisione – ha confidato il consigliere regionale ‘grillino’ – Considerando il momento che sta vivendo il Paese, speravo in un comportamento diverso da parte dei parlamentari della Giunta, in un segnale in controtendenza. E invece non è cambiato nulla: deputati e senatori continuano ad usufruire di quell’ingiusto privilegio che si chiama ‘autorizzazione a procedere’ a scapito dei cittadini, tanto che le indagini sulle loro malefatte vengono autorizzate dai loro colleghi di partito. Calderoli sarebbe dovuto andare davanti al giudice e dimostrare le sue ragioni, ma come al solito la casta si è autodifesa”.
Sulle voci di altri voli di Stato atterrati all’aeroporto di Levaldigi, Fabrizio Biolè ha preferito non sbilanciarsi: “Se ne è parlato molto da quelle parti, ma non ho mai avuto la possibilità di verificare per mancanza di tempo. Certo, quando l’ho fatto ho scoperto che era vero, ma con questo non posso dire che ce ne siano stati altri. Una cosa è certa: dopo quanto accaduto del 19 gennaio 2011, di voci ne sono circolate sempre meno”. Come dire: finora la sua iniziativa non ha avuto l’esito sperato, ma forse ha contribuito a metter fine ad una pratica che, se confermata, aprirebbe nuovi scenari sul senso di Calderoli per le istituzioni che ha rappresentato fino a tre mesi fa.