Cronaca

Liguria, “tutti cercano i voti dei calabresi” <br/>Così la ‘ndrangheta condiziona la politica

Dopo lo scioglimento dei Comuni di Bordighera e Ventimiglia, parlano gli amministratori locali coinvolti nelle inchieste. Saso (Pdl): "Sono stato un ingenuo, non potevo sapere". I racconti sulle "famiglie che gestiscono il consenso", i retroscena delle campagne elettorali svelati dalle intercettazioni. Affari e favori pubblici come merce di scambio

Una manifestazione contro la 'ndrangheta a Ventimiglia

Nel Ponente Ligure i voti “dei calabresi” contano. I politici li vanno a cercare. E alla fine si scottano. “Al voto calabrese si sono rivolti tutti i candidati a tutte le elezioni, è un dato che vi posso dare per certo”, conferma a ilfattoquotidiano.it Alessio Saso, consigliere regionale del Pdl eletto nel 2010 nella circoscrizione di Imperia. Saso è attualmente indagato per promesse elettorali in una delle inchieste che hanno portato allo scioglimento per infiltrazioni mafiose del Comune di Ventimiglia, pochi mesi dopo che la stessa sorte era toccata alla vicina Bordighera. Una doppietta senza precedenti nel Nord Italia.

GRANDI ELETTORI. E senza precedenti è il numero di politici locali citati nelle ultime inchieste sulla ‘ndrangheta storicamente insediata nella fetta occidentale della Riviera Ligure, in particolare la “Maglio 3” del 2011. Oltre a Saso, il parlamentare Eugenio Minasso, anche lui del Pdl, fotografato mentre festeggiava l’elezione a consigliere regionale nel 2005 con Michele Pellegrino, esponente della famiglia al centro dell’indagine che ha portato allo scioglimento di Bordighera, e Giovanni Ingrasciotta, già luogotenente del boss trapanese Matteo Messina Denaro e recentemente rinviato a giudizio per tentata estorsione. Poi l’ex vicesindaco di Ventimiglia Vincenzo Moio (Pdl), per il quale la Procura di Genova ha chiesto l’arresto per associazione mafiosa – non concesso dal gip – intercettato mentre chiedeva appoggio elettorale per sua figlia Fortunella, candidata per la lista Alleanza democratica-Pensionati alle regionali del 2010, a Domenico Gangemi, attualmente in carcere con l’accusa di essere il capo della “locale” di ‘ndrangheta a Genova. Avrebbero ricevuto sostegno dalla crimnalità calabrese anche Pietro Marano dell’Udc e Cinzia Damonte dell’Idv, già assessore all’urbanistica del Comune di Arenzano.

Non sono casi isolati. Una manciata di nomi “di rispetto” appaiono in grado di controllare un migliaio di preferenze, spesso determinanti. Li elenca tutti insieme, in una telefonata intercettata, lo stesso Saso: “Ho altre persone sono riuscito a tenermi nel tempo e che ancora mi danno una mano: Michele Ciricosta, Nunzio Roldi, Peppino di Bordighera (Giuseppe Marcianò, annotano gli investigatori, ndr)”. E ancora, Fortunato Barilaro e i fratelli Pellegrino”. Tutti, dal primo all’ultimo, coinvolti nell’inchiesta Maglio 3. Roldi è stato arrestato per aver preso a fucilate la macchina di Piergiorgio Parodi, uno dei più importanti imprenditori edili del Ponente, dopo una discussione sui lavori per la costruzione del porto turistico di Ventimiglia.

I politici coinvolti non possono negare di aver chiesto quei voti. Giurano però di non aver minimamente sospettato di legami con la criminalità organizzata, in alcuni casi ancora da provare in tribunale. “Sono stato ingenuo e superficiale”, afferma Alessio Saso, “ma almeno fino al 2009 la Liguria era presentata da tutti, investigatori compresi, come un’isola felice. I calabresi in Liguria sono migliaia, e le persone più conosciute tra loro possono dire ‘sostenete questo candidato’, ma senza forzare nessuno”.

NEL FRUTTETO DEL BOSS: “LA LIGURIA E’ ‘NDRANGHETISTA”. Il primo dicembre 2009, Alessio Saso va a trovare Domenico Gangemi nel suo negozio di frutta e verdura in piazza Giusti a Genova, dopo alcune telefonate dove, in tono piuttosto confidenziale, i due discutevano dell’appoggio elettorale. In una di queste, Gangemi spiega che può controllare molti voti nel capoluogo, ma di essere in grado di convogliare consensi anche nell’imperiese: “Ce li ho tutti sotto mano qui! anche lì c’ho tanti paesani, qualche parente, qualcosa penso che faremo anche lì, penso, la dobbiamo fare, non penso!”. Il 13 luglio 2010 Gangemi sarà arrestato nell’inchiesta Crimine-Infinito, con l’accusa di essere il numero uno della ‘ndrangheta in Liguria. A inguaiarlo, tra l’altro, i suoi incontri a Rosarno, con Domenico Oppedisano, considerato il capo del “crimine”, cioè il sommo custode delle regole della ‘ndrangheta. “Siamo tutti una cosa, pare che la Liguria è ‘ndranghetista”, gli spiega Gangemi, “quello che c’era qui lo abbiamo portato lì”.

E’ normale andare a cercare voti da un fruttivendolo? “Gangemi è una persona che da anni organizzava la festa dei calabresi a Genova”, spiega Saso, “era uno conosciuto, che si muoveva. Non mi ha mai chiesto nulla di illecito, ma col senno di poi ho commesso un errore”. Il politico del Pdl sarà eletto con più di seimila voti, secondo soltanto a Marco Scajola, nipote dell’ex ministro Claudio, incontrastato re della politica imperiese.

A Domenico Gangemi si rivolge anche Vincenzo Moio, già vicesindaco di Ventimiglia, per ottenere un sostegno elettorale in favore della figlia Fortunella. Il pade di Vincenzo, Giuseppe, è stato condannato all’ergastolo perché coinvolto in una sanguinosa faida calabrese. “Vengo da una famiglia con certe problematiche e ho lottato una vita per uscire da queste situazioni”, dice Vincenzo Moio, nato a Taurianuova in provincia di Reggio Calabria, a ilfattoquotidiano.it, “ma in campagna elettorale i voti si vanno a cercare da tutti”. Secondo l’ex vicesindaco del Comune poi sciolto per mafia, anche in Liguria “ci sono delle famiglie storiche meridionali che hanno mantenuto un certo tipo di gestione del consenso elettorale, ma non hanno nulla a che vedere con la malavita”. Quanto al provvedimento del ministero dell’Interno che, su sollecitazione del Prefetto di Imperia Fiamma Spena, ha colpito la sua città, Moio pensa che faccia “male alla città”, perché non vede “alcuna forza criminale che possa incidere sull’amministrazione”.

FAVORI E MINACCE. Pacchetti di voti a disposizione dei politici più “affidabili”, equilibri di ‘ndrangheta che finiscono per influenzare l’esercizio della democrazia in Liguria. In questo contesto matura lo scioglimento del Comune di Bordighera, il 10 marzo 2011, e del Comune di Ventimiglia, il 3 febbraio di quest’anno. Perché secondo le indagini, i signori del voto calabrese cercavano di ottenere in cambio la loro parte di affari e favori pubblici. Con le buone o con le cattive.

A Bordighera tre consiglieri comunali hanno denunciato minacce da esponenti del clan Pellegrino – al quale la Dia ha sequestrato beni per nove milioni di euro – seguite alla mancata autorizzazione per l’apertura di una sala giochi. A Ventimiglia sono ancora in corso le indagini sulla costruzione del porto turistico, l’affare alla base delle fucilate all’imprenditore Parodi. E sulla Mavron, la cooperativa sociale regina degli appalti comunali, che secondo i carabinieri di Imperia è controllata in modo occulto da Giuseppe Marcianò, proprietario di diversi locali nella zona, ora sotto inchiesta per associazione mafiosa. Marcianò è uno dei “grandi elettori” citati da Alessio Saso, così come Fortunato Barilaro, sorpreso in due “summit” di ‘ndrangheta dove, secondo i carabinieri, si decidevano “doti” e affiliazioni. Suo figlio Giuseppe – che respinge fermamente ogni coinvolgimento della famiglia in affari criminali – è funzionario del Settore commercio al Comune di Ventimiglia.