Tanto rumore per nulla. La linea padana (dura e pura) dell’ex Ministro dell’Interno Maroni s’è arenata sotto i colpi del Governo Monti. Sulla scia di liberalizzazioni e manovre d’urgenza, l’avvicendamento della Cancellieri al Viminale comporta anche il cambio di strategie e finalità della Tessera del tifoso. Abracadabra, sim salabim, dopo due anni tra rodaggio e navigazione a vista, si scopre che è meglio chiamarla Fidelity Card e non più Tessera del Tifoso, come se il problema fosse nel nome e non nel proibizionismo liberticida da stadio, nel vuoto legislativo, nelle sanzioni dei garanti di privacy e antitrust o nell’indifferenza dei governi del calcio europeo, insofferenti verso uno strumento senza precedenti al mondo. E così l’ultima determinazione dell‘Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive ne certifica il superamento con un pacchetto di misure sperimentali. La Tessera del Tifoso è in evoluzione, si sorpassa da sola.
“Si tratta di un punto di svolta che non si esita a definire epocale – dice Federsupporter, sindacato unitario dei tifosi, attivo nell’evidenziarne le criticità – nella considerazione dei diritti e degli interessi dei sostenitori sportivi, non più trattati come meri destinatari passivi di obblighi, restrizioni e divieti. E nemmeno come presunta categoria socialmente pericolosa e come limoni da spremere economicamente”. Tradotto in soldoni, vuol dire che d’ora in poi la vecchia Tessera del tifoso sarà una carta fedeltà per acquisti privilegiati di servizi (quali? Le convenzioni con Trenitalia e Autogrill non decollano) e, previo filtro telematico della ‘Questura on-line’, idonea pure per comprarsi biglietti in ogni zona dello stadio, compresi i settori ospiti. Possibilità di cedere a terzi i biglietti caricati sulla card, ingressi gratuiti per gli under 14, offerte di carnet per poche partite, ticketing sul web e tagliandi da trasferta vendibili anche nel giorno di gara, con l’invito alle società di “attivare ogni utile mezzo di dialogo con i tifosi, al fine di favorirne il coinvolgimento ed il senso di appartenenza”. In parole povere, politiche di inclusione (e non di esclusione) del tifoso.
Apriti sesamo: l’Osservatorio ha scoperto l’uovo di Colombo. Perché già dai tempi del biglietto nominativo le questure incrociavano dati sensibili degli spettatori con black list di diffidati e soggetti a Daspo, senza per questo chiarire su retroattività ai 5 anni di pena scontata e sulle condanne penali anche solo in primo grado (garantismo e presunzione di non colpevolezza fino a sentenza di Cassazione, negli stadi non valgono). Già dal 2007 la cosiddetta legge Amato post-Raciti prevedeva l’obbligo (puntualmente eluso) di riservare ingressi omaggio ai minori di 14 anni, vietando ai club rapporti diretti coi propri tifosi. E allora, di quale novità stiamo parlando? Se dal 2010 sappiamo che dal prossimo settembre l’UEFA rilascerà licenze per Europa e Champions League solo ai club che dialogano coi propri affezionati?
Certo, rispetto ai dictat maroniani un piccolo passo in avanti c’è stato. L’Osservatorio dichiara di vedere nel tifoso un nemico in meno di ieri. Forse perché il calcio ha perso nell’indice di gradimento e gli stadi sono sempre più vuoti? Una stagione riformista sensata e non sensazionalista deve però ancora arrivare, in Parlamento come nella società civile: gestione dell’ordine pubblico senza controllo sociale (con certezza del reo e della pena), legge sugli stadi (in media, vecchi di 70 anni), conflitto di interessi tra presidenti (scatole cinesi), intrecci perversi tra pallone, politica e alta finanza, doping amministrativo e farmaceutico, calcio scommesse, cultura calcistica sottosviluppata rispetto al resto d’Europa e chi più ne ha, più ne metta… sono la punta di un iceberg in cui la Tessera del tifoso (alias New Fidelity Card) è solo lo specchio delle allodole di sabbie mobili da cui in molti chiedono di uscire. Perché il calcio italiano è molto più indietro rispetto a Inghilterra, Spagna e Germania.
Complici alcuni calciatori crociati, protagonisti di un video promozionale, i tifosi del Parma hanno lanciato la campagna ‘tifo libero, stadi pieni e beneficenza’, sperando in un football a dimensioni più normali, meno esasperato e più a misura d’uomo (e di cittadino). E’ meramente utopico?