Vicino a don Gallo, docente di Storia economica, sarà a sorpresa il candidato sindaco del centrosinistra. Dopo il caso di Milano, un altro uomo di Vendola si impone sui nomi scelti dai Democratici
Due segretari, quello provinciale e quello regionale, che annunciano dimissioni, ufficialmente “per non intralciare il vincitore”. Il sindaco in carica, Marta Vincenzi, che dopo un iniziale silenzio dimostra di non averla presa proprio bene e sulla sua pagina Twitter spara giudizi, similitudini sul martirio e arriva a farne una questione di genere. E poi il segretario, Pier Luigi Bersani che minimizza, ma fino a un certo punto, e il Pdl che ride – almeno per un giorno – delle disgrazie altrui. Insomma, le primarie del Pd hanno sancito una volta di più la debolezza – più nei nervi che nei mezzi – del Partito democratico che è andato al suicidio politico portando al voto due candidati e consegnando la candidatura a Marco Doria, outsider sostenuto da Sel.
Doria, con un budget complessivo di 8mila euro ha sconfitto il primo cittadino uscente Marta Vincenzi e la senatrice Roberta Pinotti. Ieri al Fatto Quotidiano lo aveva detto: “La gente è stanca dei professionisti della politica” (leggi l’intervista di Luca Telese). Ed è andata proprio così. Perché il nuova candidato del centrosinistra, professore di Storia economica all’Università di Genova, sostenuto dal fondatore della comunità di San Benedetto al Porto, don Andrea Gallo, ha ottenuto il 46% dei voti, staccando di quasi 10 punti Marta Vincenzi (27,5%) e di 13 punti e mezzo Roberta Pinotti (26,3%). Gli altri due candidati, Angela Burlando e Andrea Sassano hanno ottenuto l’1,8% e lo 0,9%.
“Da maggio – si sfoga la Vincenzi su Twitter – nessuna città italiana avrà un sindaco donna”. Vero. Ancor più vero che dopo Giuliano Pisapia a Milano, dopo Massimo Zedda a Cagliari, un altro candidato sostenuto da Nichi Vendola batte alle primarie i nomi messi in pista dal Partito Democratico. E che i vertici locali del Pd lasciano i loro incarichi dopo il tracollo. Prima il segretario regionale, Lorenzo Basso, poi quello provinciale, Victor Rasetto, hanno annunciato le dimissioni garantendo: “Doria è il nostro candidato”. Dichiarazione condivisa dal segretario, Pier Luigi Bersani, che ha tentato una prima analisi del risultato del voto. “Le primarie hanno una loro logica. Quando si accetta che alla gara partecipino più candidati del Pd, poi se ne devono accettare gli esiti”, ha detto il segretario invitando ora a “lavorare con entusiasmo” perché “si vince con Doria”.
Solo che di entusiasmo nel partito al momento ne rimane poco. Lo stesso Bersani dice che la “sconfitta non brucia”, ma “qualche ammaccatura c’è”. Qualche? Enrico Letta parla di “sconfitta frutto delle divisioni” del partito. Cofferati ci va giù pesante e dice: “E’ un voto esplicitamente contro il Pd”. Poi c’è chi come Marina Sereni chiede al partito la “serena riflessione” che deve portare, in certi casi “a posizioni unitarie sulle candidature”. Insomma, meglio accordarsi prima che fare buon viso a cattivo gioco dopo.
Se i democratici si leccano le ferite, il Pdl recupera smalto e parla di vero e proprio “tsunami politico”. ”La vittoria del candidato di Sel alle primarie di Genova, dopo quelle di Milano, dimostra come il Pd stia perdendo crediti e consenso da parte dei suoi stessi elettori e come la sua classe dirigente stia venendo costantemente bocciata dalla base”, ha detto il deputato Pdl Rocco Girlanda secondo cui l’elettorato di centrosinistra si starebbe “polarizzando tra una soluzione di sinistra radicale, come quella di Vendola, e una moderata, quale quella avanzata dagli ex Margherita,come Fioroni e Gentiloni o da Matteo Renzi”. La scossa di Genova potrebbe quindi, sempre secondo Girlanda, provocare un’implosione delle tante e mal conciliate anime del Pd e dare adito a Nichi Vendola di chiedere con forza primarie di coalizione anche per la scelta del futuro candidato premier”. Ma la vittoria di Doria alle primarie del centrosinistra rischia in realtà di scompaginare anche i programmi del centrodestra. Perché se è vero che lo sfidante di Doria sarà sicuramente il senatore Enrico Musso, a capo di una lista civica e sostenuto dal Terzo Polo, il Pdl e la Lega non hanno ancora scelto il loro candidato.
“Considero l’impegno politico come un servizio alla comunità, non cerco potere o privilegi, ma solo una soluzione ai problemi della gente”, sono le prime parole pronunciate da Doria. Alle spalle un passato nel Pci e tre anni da consigliere comunale, all’inizio degli anni ’90. Poi più nulla, fino all’appello di un gruppo di intellettuali e al sostegno del prete di strada don Andrea Gallo che lo hanno spinto verso le primarie. “Ha vinto un modo diverso di porgersi nei confronti dei cittadini, che hanno bisogno di una politica diversa”, sottolinea Doria, che non vuol sentire parlare di strategie di coalizione o di trattative per dare posti in giunta ai candidati sconfitti. “Sono logiche da politica vecchia – sostiene Doria – è il popolo del centrosinistra che deve continuare ad avere la parola”.