Si chiama “sequestro conservativo” ed è uno strumento finora poco applicato, ma previsto da alcune recenti riforme delle misure di prevenzione. Serve a recuperare immediatamente le spese di giustizia sostenute per processare e condannare i boss. La Dda di Napoli l’ha utilizzato il 14 aprile scorso nei confronti di esponenti del clan di Michele Zagaria, una delle fazioni più potenti delle cosche dei Casalesi. Sequestrando beni per un valore di circa 1.500.000 euro, una cifra corrispondente alle spese affrontate dallo Stato per le attività di indagine e in particolare per le intercettazioni telefoniche e ambientali, per le spese di custodia cautelare e per la celebrazione del processo.
Nella relazione annuale della Procura di Napoli al procuratore generale Vittorio Martusciello, i magistrati dell’ufficio inquirente partenopeo sottoscrivono un concetto importante: i costi per perseguire i reati di camorra sono diventati insostenibili e allora bisogna rendere finanziariamente autosufficienti i procedimenti. Attraverso i ‘sequestri conservativi’, intensificando i sequestri giudiziari e le confische, fornendo al Ministero della Giustizia una procedura agevolata per riscuotere in maniera rapida ed efficace le spese di giustizia, che secondo il codice di procedura penale sono a carico dei condannati di ogni tipo di reato.
Le statistiche sono incoraggianti. Nel 2011 sono stati sequestrati alle organizzazioni camorristiche operanti nel distretto di Napoli beni per il valore di 2.212.217.931,83 euro. Nel 2010 la cifra dei sequestri sfiorò i 3 miliardi di euro. In due anni l’Antimafia napoletana ha sequestrato più di 5 miliardi, una finanziaria di fatto. Inferiore, ovviamente, il valore dei beni confiscati e definitivamente trasferiti al patrimonio dello Stato, una procedura che necessita di anni. Nel 2010 ha raggiunto la cifra di poco più di 81 milioni di euro. Nell’anno appena concluso ha superato i 143 milioni di euro, grazie alla confisca di 106 tra appartamenti, ville e terreni a Caserta e provincia, e 42 immobili a Napoli e provincia. Ai quali vanno aggiunti una dozzina tra auto, moto e imbarcazioni e 66 beni mobili tra aziende, titoli, quote societarie, somme di denaro, conti correnti e depositi bancari.
Intanto la camorra si evolve, affina le sue capacità imprenditoriali e investe i capitali illeciti in una pluralità di attività economiche e anche all’estero. Per questo, sostiene il procuratore aggiunto della Dda Federico Cafiero de Raho, servirebbe un processo di armonizzazione della normativa antimafia sul territorio europeo. In attesa – scrivono i procuratori napoletani – che venga elaborata e approvata una nozione comune e condivisa in Europa del reato di criminalità organizzata, bisogna capire che i contesti nei quali le mafie si muovono e investono sono sovranazionali, e le indagini bancarie e patrimoniale sono uno strumento indispensabile per individuare le ricchezze illecite della camorra, che le occulta attraverso sofisticate operazioni di riciclaggio.