Il Tribunale di Torino ha condannato a 16 anni di carcere ciascuno il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, 69 anni, e il barone belga Louis De Cartier, 91 anni, alla fine del processo Eternit. I due rispondevano di disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche. La sentenza è stata pronunciata dal giudice Giuseppe Casalbore di fronte ad una folla imponente di cittadini accorsi per ascoltare in diretta la sentenza del “processo del secolo”.
Accolte quasi del tutto le richieste del pm Guariniello, aveva chiesto 20 anni e il reato esteso per tutti gli stabilimenti italiani del gruppo industriale sotto accusa, perché i giudici hanno posto una distinzione tra i diversi stabilimenti italiani, dichiarando i due ex vertici Eternit colpevoli per quanto riguarda Casale Monferrato e Cavagnolo (Torino), mentre il reato risulta estinto per prescrizione negli stabilimenti di Rubiera, in Emilia Romagna e Bagnoli in Campania.
Uno dei quattro stabilimenti italiani, come noto, aveva sede a Rubiera, con il nome di Icar. I fatti contestati ai due imputati vanno dal1952 al 2008. Lunghi anni, in cui l’amianto ha provocato più di 2300 decessi: solo nel reggiano i morti sarebbero 47, ma la cifra non è ancora definitiva.
Nel lunghissimo elenco dei risarcimenti per i parenti delle vittime, sindacati e associazioni onlus non sono così apparsi i familiari delle vittime della Icar. Un’amara beffa dopo quattro anni di processo, tanto che da Reggio Emilia per assistere alla sentenza, ieri era partito un pullman dalla Camera del lavoro a bordo del quale c’erano anche il sindaco di Rubiera, Lorena Baccarani: il consigliere regionale del Pd, Roberta Mori; Antonietta Acerenza per la Provincia, rappresentanti del Cora. Insieme a loro parenti di lavoratori Icar morti per mesotelioma pleurico, il cancro ai polmoni scatenato dall’amianto ed ex dipendenti.
d.t.