Nulla ha potuto comperare la dignitá e la richiesta di giustizia di chi aveva assistito ad una strage di parenti, amici, conoscenti, stroncati dalle polveri dell’amianto, la cui pericolosità, per decenni, era stata negata non solo dai dirigenti della multinazionale svizzera, ma anche da funzionari dello Stato, da chi sapeva e avrebbe dovuto mettere fine alla mattanza.
Per questo ci sentiamo, oggi, di dire solo grazie al comitato dei familiari di Casale Monferrato, ai primi medici che stracciarono i veli della ipocrisia, ai sindacalisti che rifiutarono il ricatto occupazionale, a quei giornalisti che non hanno mai taciuto, a quei giudici, a cominciare dal dottor Guariniello, che hanno voluto istruire quello che è stato il più grande e difficile processo mai celebrato in Europa contro le morti sul lavoro.
Non a caso, ad ascoltare la sentenza, vi erano delegazioni da tutta Italia e da tutta Europa, in prima fila i comitati che stanno combattendo contro la morte da amianto e non solo.
Ora bisognerà vigilare che il pool di Torino che ha istruito i processi di Casale e della Thyssen non sia sciolto; infatti la gran parte dei giudici hanno raggiunto il limite dei dieci anni,dopo il quale è obbligatoria una rotazione. Comprendiamo le ragioni di una norma simile ma, mai come in questo caso, sarebbe opportuno fare una eccezione, ed anzi accogliere la proposta di istituire una procura nazionale contro le morti e gli infortuni sul e da lavoro, proposta avanzata da Giancarlo Caselli e dalla stesso Guariniello.
Questo paese ha il primato delle eccezioni negative e dei conflitti di interesse, per una volta potrebbe regalarsi e regalare all’Italia civile un primato di pulizia etica e di giustizia giusta.
(Vignetta di Arnald)