In Grecia, la costante riduzione del reddito disponibile ha causato un drastico calo dei fatturati nelle imprese costringendo alla chiusura 60.000 attività commerciali
Secondo la Confederazione nazionale del Commercio greco (Esee), quest’anno, solo nel settore del commercio, circa 160.000 persone perderanno il posto di lavoro e, alla luce del calo del 6,2 per cento nei consumi delle famiglie registrato nel 2011 e delle previsioni Eurostat per un ulteriore riduzione del 4,3 per cento per l’anno in corso, Esee avverte che presto la Grecia verserà in una condizione di povertà assoluta.
La signora Aggeliki Pezoula, titolare di un negozio di arredamento in uno dei quartieri più centrali di Atene, racconta come sia difficile restare nel mercato “noi non possiamo sapere quale sia la strada migliore, non sappiamo se la bancarotta è la soluzione migliore, ma con le nuove politiche adottate dal Governo, giorno dopo giorno, diventiamo sempre più poveri, e non sto parlando dei ricchi ma delle persone normali come me. I negozi sono costretti a chiudere perché non vendono. E’ come un circolo vizioso senza fine. Se le persone non hanno lavoro, non spendono, e noi non guadagniamo, e non possiamo pagare le tasse.”
In Grecia, la costante riduzione del reddito disponibile ha causato un drastico calo dei fatturati nelle imprese costringendo alla chiusura circa 60.000 attivita`commerciali e si prevede che tale numero sia destinato a raddoppiare per la fine di quest’anno.
“La classe media in Grecia non esiste più e le persone che hanno qualcosa cercano di investire all’estero. Nessuno vuole piu investire in Grecia perche hanno paura di quello che succedera nei prossimi mesi” aggiunge Aggeliki Pezoula.
Nel mercato del lavoro la crisi del debito e le misure di austerità hanno avuto conseguenze catastrofiche. Il tasso di disoccupazione in Grecia ha raggiunto, nel novembre 2011, il record del 20,9 per cento e, tra i giovani sotto i 25 anni, quasi il 50 per cento. L’esercito dei disoccupati in Grecia conta più di un milione di persone: si tratta di un aumento di 7 punti percentuali rispetto al novembre 2010, quando la disoccupazione era al 13,9 per cento.
L’aspetto occupazionale non sembrerebbe destinato a migliorare se si considera il nuovo colpo di mannaia che il governo ellenico ha intenzione di attuare con il licenziamento di 150 mila statali entro il 2015 e 15 mila solo quest’anno. Le nuove misure approvate dal Parlamento greco hanno imposto una riduzione generalizzata del salario minimo (751 euro) del 22%, che, per le persone di età inferiore a 25 anni, sarà del 32%, riducendo questa forma di tutela a quella comparativamente più debole nel quadro europeo.
Nikos Theodorakis, responsabile delle relazioni internazionali del sindacato “Pame”, in difesa dei diritti dei lavoratori, afferma che “con questi tagli del salario minimo, una famiglia non può pensare di sopravvivere con soli 400 euro al mese. In queste condizioni non esiste nessuna speranza di vita. Il nostro sindacato vuole lottare contro queste misure, vuole difendere il diritto ad avere una vita dignitosa e rispondere alle esigenze del popolo Greco. ”
La protesta esplosa domenica sera, durante il voto sul pacchetto di austerity chiesto dalla comunità internazionale, ha senza dubbio dimostrato che il popolo greco non accetta queste misure, ma chiede di indire le elezioni al più presto: i partiti delegittimati non avrebbero diritto a dettare le sorti delle generazioni presenti e future.
“La Troika (Fmi, Ue e Bce) e il Governo greco ci hanno terrorizzato dicendo che se non venivano approvate queste misure al più presto saremo tutti andati verso la bancarotta, ma la verità e che siamo già alla bancarotta e in queste condizioni di povertà non si può andare avanti”. Nikos Theodorakis del sindacato ‘PAME’ insiste “noi non possiamo lasciare questa situazione nelle mani del governo e dell’Unione Europea, dobbiamo riprendere il controllo della situazione e, i partiti che hanno approvato tali misure, il Pasok (socialista) e Nea Dimocratia (centrodestra) devono essere puniti per aver attuato delle politiche che ci stanno portando alla miseria.”
La ratio alla base della ricetta economica imposta dalla Troika (Fmi, Ue e Bce) vorrebbe che una riduzione del costo del lavoro contribuisca a rendere le esportazioni greche più convenienti e redditizie con un conseguente aumento degli investitori esteri nel paese. Attraverso questi tagli salariali, i ricavi dovrebbero affluire nel paese, la produzione dovrebbe decollare e si verrebbero a creare nuovi posti di lavoro con un conseguente miglioramento delle finanze pubbliche.
Queste sono le promettenti prospettive di chi sostiene i tagli salariali: attraverso una riduzione degli stipendi e, quindi, una maggiore competitività sia avrà crescita economica. I sindacati, invece, sostengono che, come spesso accade, la classe lavoratrice sarà fortemente penalizzata da queste misure di austerity, dal momento che l’auspicato aumento del benessere economico-sociale riguarderà in realtà, soltanto un ristretto gruppo di capitalisti, favoriti dall’esiguo costo del lavoro.
Per i sindacati, il concetto di crescita economica significa avere un posto di lavoro stabile dove, grazie al proprio stipendio è possibile acquistare i beni di prima necessità: affittare una casa, mangiare, mandare i propri figli a scuola e avere una vita dignitosa.
In difesa dei lavoratori, i sindacati, ogni giorno, fanno dei passi avanti nel creare ostacoli e determinare nuovi attriti al governo nella sua operazione di implementazione di queste misure. Hanno, ad esempio, sostenuto e contribuito ad aggregare un gran numero di persone che hanno fatto fronte comune nel rifiuto di pagare la tassa addebitata in automatico nella bolletta della luce e nell’appello, rivolto a chiunque non fosse materialmente in grado di sostenere la spesa, a fare altrettanto.
Nikos Theodorakis del sindacato PAME continua “nessuno si rende conto che questa volta, le politiche votate in Parlamento domenica sera, avranno un impatto determinante sulla maggior parte delle persone. Noi, come sindacato, stiamo tentando di fare in modo che queste misure non diventino mai realtà e lotteremo con tutta la nostra forza perché ciò avvenga”.
di Gabriel Vallin Frangoulis