Ho letto il nuovo giallo dello scrittore torinese Enrico Pandiani, Pessime scuse per un massacro, senza conoscere, prima, le vicende del gruppo di poliziotti francesi “Les italiens” (guidato dal Commissario Mordenti) che già si erano sviluppate nei tre romanzi che lo hanno preceduto: Les italiens, Troppo piombo e Lezioni di tenebra. Mi sono, comunque, subito trovato “a casa”, grazie all’indipendenza della trama e all’innegabile capacità dello scrittore di tratteggiare con cura, senza lasciare alcuna curiosità insoddisfatta, i caratteri dei personaggi e i dettagli dei luoghi che si trovano ad attraversare.

Pessime scuse per un massacro ha, a mio modesto avviso, quattro pregi evidenti. Il primo è la precisione delle informazioni (quasi “lezioni di balistica”, mutuando un’espressione di Mordenti) nel momento in cui, durante la vicenda, entrano in scena pistole, fucili, bombe a mano, altri tipi di armi, munizioni e avvenimenti storici spesso correlati a contesti di guerra. Il secondo aspetto interessante è una caratterizzazione dei personaggi che non sconfina mai nell’eccesso, ma che riesce a connotare questi poliziotti (e i soggetti in cui si imbattono) mantenendo un registro “medio” che è, però, più che sufficiente per rappresentarli, per molti versi, come dei perdenti (ma simpatici) o come elementi problematici e “asimmetrici”. Il terzo punto è che, nel momento in cui si parla di noir (inteso come atmosfera noir), be’, in queste pagine il noir c’è davvero, senza però scimmiottare i grandi maestri di tanti anni orsono bensì disegnando ex novo atmosfere da pioggia sui marciapiedi e da profumo di proiettili. Il quarto pregio, infine, è che anche la trama tiene: è ampia, ricca di colpi di scena, si estende per un periodo di tempo molto lungo (sino ad arrivare a questioni correlate alla resistenza francese) senza però annoiare quel lettore spaventato da “salti” storici troppo frequenti.

La prima caratteristica di Pandiani, l’attenzione ai dettagli, è quella che apre il libro poco prima dell’entrata in gioco dei protagonisti, con una scena (subito) molto movimentata che ruota attorno a una vecchia mitragliatrice Browning calibro .50 della seconda guerra mondiale e al killer che la utilizza. La mitragliatrice che battezza il romanzo fa già comprendere che le armi (nuove, vecchie, di contrabbando) e le sparatorie saranno il filo conduttore di tutta la storia.

Il gruppo di poliziotti, con diverse competenze, che seguiranno il caso e che condivideranno non solo paure ma anche momenti di vita quotidiana, è molto variegato, e per ogni persona Pandiani enfatizza una o due caratteristiche che sono più che sufficienti per definirla bene.

Tutti i toni, nonostante le sparatorie e le deflagrazioni frequenti, sono tenuti molto bassi e cupi, adatti agli ambienti descritti. Non ci sono mai grandi amori ma approcci spesso goffi e situazioni problematiche (che si concludono con un rifiuto o con un abbandono), non si lavora mai in un ufficio ideale ma in ambienti tesi per le continue grane con i superiori, i problemi con i colleghi e l’ingerenza della politica, e anche i rapporti di amicizia, in questo quadro, non sono mai “puliti”: o vengono recuperati dopo decenni o sono sempre molto fragili e condizionati dagli eventi. La camicia è un po’ sporca, il vestito stazzonato, il calzino spaiato, il capello scompigliato (“Lo specchio mi ha rimandato un’immagine di me stesso che mi ha spaventato. Spettinato, livido, la barba lunga e le occhiaie. La camicia sembrava l’avessi addosso da una settimana”), i sogni sono imbarazzanti e la gaffe è sempre in agguato.

Anche le idee politiche sono poche ma chiare (“La democrazia ha sempre il suo prezzo, anche quando te la infilano su per il culo a forza di calci e somiglia tanto al regime che intende sostituire”). Ciò rende la storia sempre imprevedibile e mai banale ma, soprattutto, credibile. Il panorama tutto attorno lo definirei “instabile”: può cambiare improvvisamente di registro a causa, sì, di un proiettile vagante, ma anche per colpa di un wurstel coi crauti mal digerito o di un hangover smaltito male.

Uno degli aspetti più gustosi di questo libro è il fatto che non solo il “passato” (come si diceva: resistenza in territorio francese, famiglie sterminate da nazisti e traffico d’armi) sia inserito nell’atmosfera noir, ma anche il presente, di solito ben poco adatto a contesti così classici. Ebay, a un certo punto, diventa un ambiente perfettamente simile e integrato con quello che circonda i poliziotti (“Ebay non è più la figata di una volta. Come tutte le buone idee ha finito per corrompersi diventando una specie di grande magazzino dove i negozi sono più numerosi delle aste. Prezzi allineati e venditori che si inventano ogni genere di porcata per alzare la posta”). Gli stessi paesaggi sono noir e ostili (“C’era un solo fottutissimo ponte per passare la Senna, l’unico nel raggio di cinquanta chilometri, così abbiamo dovuto fare un giro della madonna”).

È bello, e mi è piaciuto, questo modo di scrivere che cala un velo di noir su tutto ciò che circonda il protagonista o, meglio, che interagisce coi caratteri senza bisogno di eventi eclatanti, di paesaggi eccezionali, di sesso gratuito o volgarità, ma solo grazie a tanto umore nero, a problemi quotidiani e a sparatorie che, in un certo senso, scandiscono il ritmo della trama.

Sembra di assistere a uno di quei film gialli francesi dove piove dall’inizio alla fine della pellicola, o di leggere qualche giallo ambientato a Marsiglia. Scritto, però, da un autore italiano.

Enrico Pandiani
Pessime scuse per un massacro
2012, Rizzoli
euro 16,00

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