Migranti scoperti nei rimorchi di una nave, passeur per viaggi verso il Nord Europa e riti woodoo. Ma soprattutto, in base a indagini della procura antimafia di Bologna, traffico di materiale bellico verso la Somalia che, in base alle ipotesi investigative, andrebbe a favorire gruppi armati ritenuti vicini ai fondamentalisti di Al Qaeda.
Lo racconta la relazione della Direzione Nazionale Antimafia datata dicembre 2011 e che prende in analisi i fenomeni criminali registrati tra il 1 luglio 2010 e lo scorso 30 giugno. Ad attirare l’attenzione sul Corno d’Africa e sugli scontri mai cessati – anzi, andati in una progressiva radicalizzazione a partire dal 1991, con la caduta del dittatore Siad Barre – sono alcuni passaggi specifici della relazione.
Il link con la Somalia: indagini da Bologna su traffici militari. Nei passaggi in oggetto, si parla di “spedizioni di veicoli e parti di veicoli verso la Somalia” su cui sta conducendo controlli l’ufficio centrale antifrode dell’Agenzia delle Dogane. Il fronte è duplice. Da un lato, a livello nazionale, si vuole verificare che mezzi dichiarati usati in Italia possano configurare un traffico illegale di rifiuti, argomento che negli ultimi vent’anni è tornato spesso in tema Somalia (tanto da essere anche legato alla morte della giornalista di Rai3 Ilaria Alpi, assassinata nel 1994 a Mogadiscio insieme al suo operatore, Miran Hrovatin).
Dall’altro – e qui torna il collegamento con Bologna e la Dda del capoluogo emiliano – esiste il sospetto che possa essere stato messa in piedi un’esportazione illegale di materiale militare. Mezzi di vario genere che, spacciati per civili, in realtà abbiano un utilizzo in campo bellico. A questo proposito, si legge nel documento della Dna anticipato nei giorni scorsi da Repubblica, “la procura di Bologna e quella di Torino hanno iscritto [un] procedimento ravvisando un traffico di materiale di armamento dall’Italia alla Somalia, allo scopo di favorire e finanziare l’attività dell’organizzazione terroristica Al Shabaab, in violazione […] all’embargo – tra l’altro – di materiali di armamento” verso quella nazione.
La citazione del gruppo armato che sta prevalendo nei conflitti tra i signori della guerra somali risulta di particolare rilevanza. L’organizzazione è tra quelle che hanno un ruolo nelle incursioni dei pirati alle navi che solcano i mari al largo della Paese senza governo. Un fenomeno che pare non conoscere battute d’arresto né con l’intervento di eserciti a pattugliamento delle acque in quella zona né – come ha rilevato un cablogramma Usa diffuso da Wikileaks poco più di un anno fa – l’ingaggio di società di sicurezza privata come la Blackwater.
Ma soprattutto c’è il legame di Al Shabaab (la cui traduzione è “gioventù” per la giovane età media dei suoi militanti) con Al Qaeda, sviluppatosi dopo il fallimento dell’unione delle corti islamiche e che punta all’instaurazione di un regime unitario che si poggi sulle istanze politico-religiose dei gruppi più integralisti. Le esigenze militari del gruppo sono dunque sempre maggiori, anche a fronte del costante, e l’annuncio del “patto” tra i gruppi somali e quelli che operano all’estero – già di fatto operativo – è notizia ufficializzata in questi giorni.
In Emilia tra organizzazioni italiane e mafie straniere. Le organizzazioni criminali che si sono insediate da tempo in Regione sono la ‘ndrangheta e la camorra ma, scrive la Direzione Nazionale Antimafia, “nuove realtà criminali segnalano una presenza sempre più attiva e pericolosa: gruppi stranieri sia extracomunitari che comunitari che si muovono soprattutto nel traffico e nello spaccio di stupefacenti”.
Ciò che accomuna le realtà criminali straniere è la modalità di riciclaggio del denaro sporco che, secondo la Dna, viene ripulito investendolo in altre attività, inviandolo in paradisi fiscali o, nella maggior parte dei casi, spedendo nel paese d’origine ingenti somme di denaro attraverso i money transfer. Ma “ciascun gruppo”, si legge ancora nel dossier, “ha una propria specificità connessa agli ambiti di provenienza”. Secondo la relazione della Dna la criminalità straniera più diffusa in Emilia-Romagna è quella nigeriana, seguita dall’albanese e dalla maghrebina. Mentre gli interessi delle ultime due realtà ruotano intorno allo spaccio di stupefacenti (nel 2011 sono 128 gli indagati, terza regione in Italia) i reati della criminalità nigeriana si riferiscono allo sfruttamento della prostituzione e, di conseguenza, alla riduzione in schiavitù.
In questo contesto si cala l’indagine Trolley, coordinata dalla Dda di Bologna e che ha portato all’arresto, nel giugno 2011, di 8 cittadini nigeriani con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione e tratta di esseri umani. L’indagine era partita a Piacenza nel 2009 dopo la denuncia di una prostituta nigeriana vittima di un pestaggio. A gestire la prostituzione piacentina, con ramificazioni in Lombardia e nelle Marche, c’era un gruppo che reclutava ragazze in Nigeria, le accompagnava fino in Libia per poi farle imbarcare verso Lampedusa. Una volta giunte in Italia le giovani erano costrette a prostituirsi, con minacce di ritorsioni verso i familiari e di riti woodoo, per saldare il debito con l’organizzazione che andava dai 50 mila ai 70 mila euro.
Tra la novità del 2011, negli scenari descritti dalla Direzione nazionale antimafia sulla criminalità straniera riguarda l’immigrazione cinese. Assente nei precedenti dossier, nel quadro che va da dal 1 giugno 2010 al 30 giugno 2011 la Dda di Bologna quest’anno è la quarta per numero di indagati di cittadinanza cinese. La maggior parte dei reati sono legati alla prostituzione, mentre consistente è il numero di iscrizioni per immigrazione clandestina e associazione a delinquere. Ventuno nel solo 2011, lo stesso numero della Toscana, ma con una popolazione residente di origine cinese nettamente inferiore.
I “most wanted” arrestati in Regione. Tre latitanti arrestati sul territorio bolognese nel 2011 ( Nicola Acri, Giorgio Perfetto e Carmine Balzano), sodalizi tra clan rivali e narcotraffico internazionale. Se in regione si intensifica la presenza delle mafie straniere, si consolidano anche quelle italiane. Secondo la procura nazionale antimafia le relazioni tra le due criminalità non sono frequenti, ma neanche impossibili. I gruppi di origine estera preferiscono insediarsi in località dove è meno presente la mafia locale. Ma la ‘ndrangheta è riuscita a creare un sistema di narcotraffico internazionale che, come scoperto dalla squadra mobile di Bologna nell’indagine denominata “Due Torri Connection”, va dall’Emilia alla Calabria fino al Venezuela e la Slovenia.
Il traffico di cocaina e la ripulitura del denaro erano gestiti da Francesco Ventrici e Vincenzo Barbieri del clan Mancuso di Vibo Valentia. I due operavano attraverso una rete di parenti e collaboratori nei vari paesi con l’obiettivo di importare, per via aerea, circa 1500 chilogrammi di cocaina dal Sud America passando per la Slovenia. Nei confronti di Barbieri e Ventrici pochi mesi prima erano state già disposte misure di custodia cautelare dal gip di Bologna per “aver attribuito fittiziamente ad altri soggetti la titolarità di società, attività economiche, immobili e autovetture”. Barbieri, in soggiorno obbligato a Bologna e trovato nel suo albego con una notevole somma di denaro non dichiarato, è stato ucciso nel marzo 2011, in un agguato a Vibo Valentia.
In Emilia Romagna, secondo la Camera di Commercio operano oltre 450.000 imprese: molte sono impegnate nella ristorazione, nelle discoteche e nell’edilizia. Come la Arcoverde costruzioni, una società a responsabilità limitata che ha sede a Bologna e che è stato oggetto, negli scorsi giorni, di un provvedimento di sequestro disposto dal Tribunale di Reggio Calabria. Secondo l’accusa il commercialista bolognese rappresentante legale dell’impresa sarebbe un prestanome dei fratelli Vincenzo, Giovanni e Francesco Longo, arrestati in Calabria nel marzo 2011.
di Gerardo Adinolfi e Antonella Beccaria