Il Plenum "bacchetta" il magistrato palermitano, ma archivia il fascicolo: "Episodio isolato". Gli atti trasmessi alla commissione che si occupa della valutazione professionale. Il pm antimafia: "Colpevole di aver dichiarato fedeltà alla Costituzione, spero che ci sia la stessa solerzia contro chi non la pratica"
“Inopportuna” la partecipazione del magistrato Antonio Ingroia al congresso dei Comunisti italiani, ma visto che si è trattato di “un episodio isolato” il fascicolo è archiviato e non ci saranno conseguenze disciplinari. Lo ha deciso il plenum del Csm, facendo propria la relazione approvata in Prima commissione e firmata dai consiglieri laici Guido Calvi e Nicolò Zanon. Ma resta una macchia sul curriculm del procuratore aggiunto di Palermo, che potrebbe pesare sulla futura assegnazione di incarichi direttivi.
La relazione è stata approvata con 16 voti a favore – tra i quali quello del vicepresidente Michele Vietti – e sei contrari. Il 30 ottobre 2011 Ingroia era intervenuto al congresso del Pdci, affermando tra l’altro di non poter essere imparziale nei confronti di forze che cercano “quotidianamente” di introdurre “privilegi e immunità” a vantaggio di pochi, in spregio al principio di uguaglianza, e di sentirsi “partigiano” della Costituzione.
Il testo approvato dall’organo di autogoverno dei giudici definisce “particolarmente vistosa e inopportuna” la presa di posizione del pm antimafia, non solo per gli “accenti di forte polemica” usati nei confronti di programmi e leggi di forze politiche “facilmente riconoscibili”, ma anche perché il tutto è avvenuto al congresso ufficiale di un partito. Dato che si è trattato di un “isolato episodio di esternazione”, però, non ci sono gli estremi per l’applicazione di una procedura di trasferimento d’ufficio per incompatibilità.
Il fascicolo sarà comunque trasmesso alla Quarta commissione, che si occupa delle valutazioni sulla professionalità dei magistrati. La decisione potrebbe avere conseguenze negative sulla carriera e pesare negativamente se il magistrato dovesse concorrere per incarichi direttivi.
Il documento cita tra l’altro i ripetuti richiami del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ai magistrati a osservare “misura e riservatezza”, e a “non sentirsi investiti di improprie e esorbitanti missioni”, a “non indulgere in atteggiamenti protagonistici” (temi sui quali Napolitano è tornato oggi stesso nel suo intervento davanti al Csm); ma fa riferimento anche al codice etico dell’Associazione nazionale magistrati che chiede alle toghe, ferma restando la piena libertà di esprimersi, di ispirarsi a criteri di equilibrio.
I contenuti dell’intervento di Ingroia “non possono in alcuno modo aver comportato alcuna lesione ai valori dell’indipendenza e dell’imparzialità solo perché espressi nel corso di un congresso di partito”, sosteneva invece la relazione di minoranza, firmata dal togato Paolo Carfì, che chiedeva invece di chiudere il caso senza ulteriori strascichi.
La vicenda ha diviso i gruppi, a cominciare da quelli di sinistra: il laico del Pd Glauco Giostra ha votato la relazione di minoranza con tutti i togati di sinistra (ma si è dissociato Nello Nappi che ha votato il documento di maggioranza). E si sono astenuti, in difformità dai loro gruppi, i togati Paolo Auriemma (Unicost) e Antonio Racenelli (Magistratura Indipendente).
“Rispetto la decisione del Csm a maggioranza”, ha commentato Ingroia, “ma prendo atto con amarezza che un’ampia maggioranza del Consiglio, compreso il suo vicepresidente, esprime apprezzamenti negativi nei confronti di un magistrato ‘colpevole’ di avere dichiarato enfaticamente la propria fedeltà alla Costituzione repubblicana. Preoccupa il fatto che diventi minoritaria dentro il Csm la tutela di un diritto costituzionalmente garantito”. Poi la stoccata finale, con l’auspicio “che da domani il Csm sia altrettanto solerte nei confronti di chi non solo non dichiara la propria fedeltà alla Costituzione, ma neppure la pratica, dimostrando ben altre partigianerie”