Il rischio è troppo grosso. L’Italia, questa Italia in emergenza, non può davvero permetterselo. Lo sapevamo da tempo. Al di là della massiccia mobilitazione del popolo degli ottimisti. Ora che Monti ha definitivamente chiuso la pratica è bene che tutti se ne facciano una ragione. L’Olimpiade a Roma non si può fare perchè il Governo teme di finire come Atene, in fiamme. Valutazione destinata a dividere, ma che va rispettata. Perchè figlia di un atteggiamento improntato alla più rigorosa coerenza. E di analisi che hanno convinto il premier a lasciare ad altri la patata bollente.
In sostanza, Monti non ha creduto alla linea di coloro che hanno sempre sostenuto che si sarebbe trattato di un evento a costo zero, con risorse private, sponsor, entrate erariali e diritti tv, a coprire l’investimento di quasi 10 miliardi. E non ha dato retta neppure a chi gli ha garantito la già piena efficienza dell’80% degli impianti sportivi. Monti, va capito, non si è fidato. Ha fatto carta straccia di tutti gli appelli lanciati sino all’ultimo da personalità di variegata estrazione, ignorando ogni ragionamento legato alla positiva ricaduta occupazionale, infrastrutturale, d’immagine. Una decisione, la sua, basata sui precedenti nostrani più nefasti, l’ignobile mangiatoia di Italia ’90, i maneggi delle cricche nei Mondiali di nuoto di 3 anni fa. Mostrando, evidentemente, di credere poco alla possibilità che nel frattempo il paese sia stato in grado di dotarsi di efficienti sistemi di trasparenza.
Ma soprattutto ha riflettuto sull’incubo ellenico di queste ore, figlio anche dei conti clamorosamente sbagliati in occasione dei Giochi del 2004, se è vero che le spese complessive superarono del 300% il bilancio iniziale. Senza contare l’allarme già scattato a Londra in vista del 2012, con i costi ampiamente lievitati rispetto alle stime di partenza. Insomma, il Professore vuol “guardare avanti” senza amplificare ulteriormente lo scetticismo di quell’Europa che ci tiene al guinzaglio. Forse neppure per un attimo ha pensato che Roma potesse far ardere alla grande il sacro fuoco di Olimpia. Troppo alto il timore di finire a piedi nudi, come il leggendario Bikila sul ciottolato dell’Appia Antica nel ’60.